Postato il Gio 31 Mar 2022 da in AD MaioraHeritageLa vita del Club

L’urne de’ forti

AD Maiora
di Emmanuel Grossi

Il calendario 2022 pullula di appuntamenti elettorali: da quelli più augusti, come la recente elezione del Presidente della Repubblica, a quelli intimamente connessi alla vita democratica, come i quesiti referendari e le Amministrative dei prossimi mesi… per arrivare, più modestamente, alle elezioni di Consigli Direttivi e Presidenze di realtà a noi vicine come ADCI, UNA, Confindustria Intellect…

Approfittiamo della nostra sempiterna chiamata alle urne per rievocare alcune campagne (elettorali, oltre che pubblicitarie) sperse nelle nebbie lontane della Prima Repubblica. Dunque, citando il buon Mike Bongiorno (d’altronde, oggi è giovedì)… signori, in cabina!




Una delle prime occasioni (italiane) in cui la campagna elettorale passò anche per i cinema furono le Amministrative del novembre 1960. Nelle sale (soprattutto delle Case del Popolo) veniva infatti trasmesso Carosello elettorale, edizione molto anomala, ad opera del PCI, della celeberrima rubrica pubblicitaria televisiva (in bianconero come l’originale, anche se nei cinema gli short erano a colori da quasi un decennio). Lo componevano le parodie di quattro serie allora in voga: L’ispettore Rock con Cesare Polacco per la brillantina Linetti, le Pantomime automobilistiche di Giancarlo Cobelli per la benzina Agip Supercortemaggiore, Nessuno si comporta così con Gino Bramieri per Stock 84 e i Brindisi di Gino Cervi per la Vecchia Romagna. Ovviamente le trame sono del tutto stravolte per evidenziare malefatte, corruttela e pessima gestione della Cosa Pubblica da parte della Democrazia Cristiana (allargando talora la macchia a MSI, PLI, PRI, PSDI e Partito Monarchico). A dirigere gli short (invero austeri e militanti e poco divertenti, con allestimenti pauperistici e la buona recitazione di Giustino Durano) sono probabilmente dei giovani Paolo e Vittorio Taviani, che appena un paio di anni dopo avrebbero iniziato a dedicarsi quasi a tempo pieno alla pubblicità (e con ottimi risultati!), passando ben presto a lavorare ognun per sé (a loro stesso dire, per massimizzare i guadagni a parità di prestazioni).



Caposaldo del genere, anche per il grande dispiegamento di forze, è la campagna promossa sempre dal Partito Comunista nel 1974, in occasione del referendum contro l’abrogazione del divorzio. La Unitelefilm (casa di produzione interna, chiamata abitualmente a documentare manifestazioni, lotte operaie, occupazioni di fabbriche e iniziative della base) schiera numerose punte di diamante come Luigi Comencini, Ugo Gregoretti e Ettore Scola e, di là dalla macchina da presa, Pino Caruso, Nino Manfredi, Gigi Proietti e Gianni Morandi e Laura Efrikian (con i piccoli Marianna e Marco). Stili e approcci completamente diversi, che vanno dall’ironico al surreale al colloquiale, chiudendo con un filmato particolarmente patetico (secondo l’accezione originaria del termine), quasi di deamicisiana memoria, in cui durante una lezione di educazione civica (c’era una volta l’educazione civica…) la maestra scopre che un suo piccolo alunno porta il cognome materno perché il padre, regolarmente convivente con lui, la mamma e i fratelli, attende da anni il divorzio dal precedente matrimonio…



Non è un caso che entrambe le campagne provengano dal PCI: il partito ha sempre puntato molto sul cinema, sia agendo in autonomia affidandosi ai tanti grandi cineasti che militavano tra le sue file (anche con ruoli dirigenziali), sia rivolgendosi ad agenzie esterne. Particolarmente pregevoli gli spot ideati negli anni Ottanta da Agostino Reggio e Paolo Del Bravo (prima in Leo Burnett, poi nella Del Bravo Reggio Fagan) e diretti da Paolo Bianchini, contro ergastolo e inquinamento o a favore della pace; validi anche quelli di poco posteriori girati e prodotti da Alfredo Angeli (sempre molto attivo nel partito), contro la malavita organizzata, la violenza sulle donne o l’obbligatorietà del servizio di leva… Più tenui, di una lievità perfino inconsueta in ambito politico-elettorale, sono invece gli spot girati da Daniele Luchetti su creatività della Gi En Ciel di Paolo Licci e Sabina Colloredo: nel 1989 per le Regionali in Sardegna e nel 1990 per le Amministrative su tutto il territorio nazionale.



Gli altri partiti, non avendo struttura e consuetudine del fu PCI, non poterono che andare a rincorsa, cercando di recuperare terreno: ricordiamo in particolare una campagna, bella e mesta, sempre del 1989 per il Partito Repubblicano (diretta da Dario Piana per Saatchi & Saatchi), una del 1993 per il Partito Radicale (Canard Milano), uno spot minimalista e grazioso per il Partito Liberale (girato da Mario Barbi per le elezioni a Napoli)… Pur non disdegnando la pubblicità, punta invece soprattutto su altri segmenti televisivi il Partito Socialista (anche in virtù della competenza cinematografica e comunicativa di Paolo Pillitteri e dell’attività di produttrice di Stefania Craxi).



Alla fine, l’unica a tenere botta anche sul fronte “pubblicitario” era la Democrazia Cristiana, che fin dall’immediato Dopoguerra si concedeva incursioni cinematografiche che per certi versi risultano anche più moderne e disinvolte di quelle elaborate e approvate dal rigido apparato comunista (negli anni Sessanta la DC Spes assolda perfino Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, Domenico Modugno e Aldo Fabrizi, che in età avanzata sconterà poi un certo ostracismo nell’ambiente venendo tacciato di altre simpatie, più “nostalgiche”).


D’altronde, non dimentichiamo che il politico forse più “sensibile” al mondo dello spettacolo, di cui ebbe ad occuparsi a lungo in prima persona con vari incarichi ministeriali, fu Giulio Andreotti, che con la sua ironia romana sorniona era sempre propenso ad apparire in televisione o al cinema, che si trattasse del Bagaglino accanto al suo “omologo” Oreste Lionello o seduto sul taxi di Alberto Sordi, come ospite in un salotto televisivo o… come insolito testimonial pubblicitario, affiancando Valeria Marini per i videofonini della 3 (Burnett BGS, 2005).