The Spark of Cecilia Panisi
Inauguriamo la rubrica The Spark con l’intervista a Cecilia Panisi, copywriter in DUDE Milano. Cecilia ci racconta la sua scintilla, ovvero che cosa ha fatto scattare in lei il desiderio di entrare nel mondo della creatività.
Raccontaci di te
Ciao! Sono Cecilia Panisi, copywriter in DUDE Milano, ho 26 anni e non bevo da qualche settimana (non è vero, da molto meno). Ho iniziato a lavorare in DUDE 4 anni fa, come stagista, letteralmente subito dopo essermi laureata allo IED in Comunicazione Pubblicitaria. Prima di fare la copywriter, volevo diventare una scenografa. Poi un giorno ho pensato: ok bello tutto, adoro i brainstorming, mi piace avere a che fare con le storie e dovermi inventare delle cose, ma non solo strutture e scenografie.
Ci sarà mai un lavoro in cui posso mettere insieme idee, cinema, disegnini, storie e – già che ci siamo – la mia passione per lo sport? Ecco come non sono diventata una scenografa, ma mi piace pensare che un giorno magari potrei diventare anche quello.
Che cosa ha acceso la passione per questo lavoro? Se anche “ce l’hai da sempre”, quale episodio, progetto o personaggio ha contribuito ad accendere in te l’ambizione al miglioramento continuo?
Ho capito che questo mondo poteva essere il mio quando ho partecipato al concorso per una borsa di studio dello IED. L’ho scoperto sotto data, e ho scoperto subito di non sapere veramente niente di questo mondo: ecco il brief, la deadline è domani, carica i file in formato .jpeg, fai uno zip. Eh? Io ho preso due Bic e un A3 e ne è uscito quello che oggi il più generoso degli art director chiamerebbe “bozzetto molto rough”. Però con una copy head che, forse, ha funzionato. L’ho scansionato appoggiandolo sul parquet, con l’aiuto di un iPhone 5s. L’ho caricato in .jpeg. Poi è arrivata la borsa di studio. Ho pensato: ma dai, che divertente che è stato. Ora quel “bozzetto molto rough” è ancora top secret, lo riguardo sempre con un po’ di vergogna. Mi piacerebbe un giorno diventare brava abbastanza da poterlo mostrare a tutti con orgoglio, dicendo “eh, ma era l’inizio”.
La scintilla e “Le mille e una notte”
La pubblicità mi affascina da quando guardavo i grandi spot di Apple, Nike (ma dai, direte voi). Però, la scintilla mi si è accesa con l’opera “Le mille e una notte”: Sherazade, raccontando le storie giuste, salva la sua vita e quella di tutte le altre donne del regno. Visto? Mai sottovalutare il potere di una grande storia (e di una grande donna).
Una volta passato l’innamoramento iniziale, si sa, l’amore deve evolvere. Quello che mi fa essere contenta di fare questo mestiere è che ci pagano per pensare, e per spararle grosse. Quanti lavori possono dire lo stesso? Poi, amo lavorare in coppia. Sì, sono molto fan dell’indipendenza, ma certi stress e anche certe soddisfazioni, è bello dividerli in due. Sono stata fortunata nel trovare Alessandro – aka colui che impagina quello che scrivo (ma insieme ad aver imparato a compilare il timesheet, ho imparato che a un art director non piace sentirselo dire). Lavoriamo insieme da 4 anni, e con il riscatto della laurea, gli anni sono 7. A volte ci escono idee giuste, altre meno. Che però ci fanno ridere. Tipo quella di scattare una foto al giorno con la webcam del Mac.
Che cosa ti guida nella ricerca dell’eccellenza creativa? Cosa sogni di raggiungere?
Trovo molto soddisfacente quando i nostri messaggi riescono a essere comprensibili a tutti, ma a tutti per davvero. Spesso mi capita di pensare a idee – o di vederne realizzate – che però arrivano solo a chi lavora nel nostro settore. Secondo me, noi “pubblicitari” abbiamo una sensibilità più sviluppata, un livello di attenzione diverso: è facile finire a raccontarcela tra di noi. Ma io sogno di vincere un leone con uno spot o una stampa (o un’attivazione, un radio, o…) di cui si parla il sabato mattina in un bar di un paese di provincia. O di cui posso chiacchierare al telefono con mia nonna – senza averglielo raccontato prima io. In sintesi: ogni “figata” che rimane solo tra di noi creativi, per me non è che un gran peccato.
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