Postato il Mer 21 Lug 2021 da in IntervisteTransatlantic

TRANSATLANTIC: CROSSING MZAMO MASITO’S OCEAN

Autore Simone Nobili


Ci sono oceani che vanno percorsi in silenzio, con la bocca e gli occhi ad ascoltare perché le orecchie potrebbero non bastare. 

Ci si avvicina piano alle profondità cromosomiche di una personalità che non ha bordi, ed è infinitamente circolare. 

Si affonda nelle grotte di pensiero, e si scopre di aver imparato poco, quasi niente, e che il mondo è una bolla di sapone e si finisce per scivolare dentro altri mondi, altre bolle di sapone, ad inseguire parole mai sentite prima.

Mzamo Masito è il Chief Marketing Officer di Google Africa, anche se scritto così lo si riduce ad un titolo che sa di carta e scrivania. Invece è molto di più. È un visionario ma non di quelli che trovi a passeggiare per LinkedIn, e sui social network. 

È un visionario che fa, produce, realizza, aiuta, spinge, e non si tira mai indietro. Sta lì a scardinare le porte che l’Apartheid ha tenuto chiuse alla sua gente, ad usare la trivella della logica, a penetrare le ingiustizie di una società che gli ha colonizzato la testa, prima ancora del corpo. 

Mi racconta che la cosa più difficile crescendo in South Africa è stata quella di credere in se stesso, nelle proprio capacità, nel non sentirsi sottomesso all’uomo bianco, nel non cadere nella trappola tesa da una umanità difettosa.

Quando attraverso le sue acque, le parole cadono come scogli e sconquassano la mia barchetta di uomo privilegiato, cresciuto senza aver mai conosciuto la parola “bisogno”, ovattato dalla mia terra e la mia fortuna. 

Le nostre distanze si annullano per qualche minuto quando ci incontriamo a pronunciare il nome di Simon De Beauvoir. 

Tutti e due stregati dalla rivoluzionaria Simon, il “Secondo Sesso”, il libro che ha spento le luci del bigottismo e accesso l’ottimismo dell’opposizione intellettuale. 

Fate ‘play’ su questo oceano, con l’augurio che possa aprirvi orizzonti come li ha spalancati a me. 

Di Mzamo ricorderò sempre le sue parole cadutemi addosso con una tonnellata di dolore: “I wasn’t born black. I became black’.