Postato il Mer 17 Lug 2013 da in EqualRiflessioni

Non è mai troppo tardi

Ecco il parere di un giovane Socio Adci, Aimone Bonucci (*), sulla violenza di genere.

Uno
A fine anni 90 Peter Oefner e Peter Underhill hanno condotto una ricerca alla Stanford University che ha dimostrato che la la femmina dell’homo sapiens si definisce biologicamente circa 80.000 anni prima del suo maschio. Il cromosoma Y, che qualifica il maschio umano attuale è infatti comparso solo 59.000 anni fa, mentre il DNA mitocondriale (proprio della femmina attuale) era già comparso 143.000 anni fa.

Due
La religione cattolica disegna la creazione di Eva come accessorio di Adamo, a differenza di quest’ultimo che è stato creato ad immagine e somiglianza di Dio.

Tre
La violenza domestica è la prima causa di morte nel mondo per le donne in una fascia di età compresa tra i 16 e 44 anni.

Genetica, religione e cronaca. Perché?
Sembrerebbe un sillogismo, o la premessa di una inferenza, invece sono dei paragrafi che secondo il mio punto di vista possono far riflettere semplicemente sulla questione della violenza di genere.

Però manca la pubblicità.

No, no, arriva, una cosa alla volta però.

In Italia la religione pecca ontologicamente perché di base disegna la donna come derivazione del prodotto divino (Adamo) e si presume che essa seguirà l’uomo in eterno. Bah. Come se lei fosse riconoscente della costola che il neo-creato ha gentilmente concesso.
La genetica insegna il contrario, perché oltre a quanto già detto lassù in cima, nel paragrafetto UNO, la biosfera è stata per miliardi di anni dominata dalla mitosi, quando esistevano unicamente cellule-madri che si dividevano in cellule-figlie, destinate, a loro volta, a generare altre figlie. Il maschio è arrivato dopo, come meiosi basata nient’altro che sull’ermafroditismo femminile.
Io non sono in grado di poter raccontare altro rispetto a quello che la storia ci insegna, non sono un ricercatore bensì una persona che si guarda intorno. Pubblicitario per giunta. Basta pensare anche all’androcentrismo sociale, politico, storico e linguistico: messa da parte l’evoluzione della specie e le prime forme di religione che identificavano la divinità come una Dea Madre, le figure di riferimento sono e sono state tutte maschili. Dio. Il Padre di famiglia. Il Politico. Il Re. Il Dirigente. L’imprenditore. L’Uomo. Il Boia. Completate voi questo abbozzo di lista. Potrebbe essere infinita, e salvo qualche eccezione il genere è sempre maschile.
Non vorrei che questo articolo prendesse una china femminista, io riporto solo considerazioni che vorrei facessero riflettere. Il mio pensiero è che il maschio si è preso con forza una supremazia che non gli spetta, quasi come se istintivamente non avesse voluto accettare la sua origine da un doppio cromosoma X, riscattandosi così con secoli di soprusi e deresponsabilizzazione nei confronti della donna. Alla donna manca quella componente psichica fatta di eroismo e quella forza bruta che antropologicamente parlando ha reso il maschio cacciatore e la donna tenutaria per la salvaguardia della specie. Questa diversità l’ha pagata e la continua a pagare senza alcun motivo, diventando oggetto di violenze, carne da pallottola o da piacere, terrorismo casalingo, e abuso di androcentrismo. Un disastro. Religione e genetica che si scontrano, che danno come risultato un dato di cronaca. Il paragrafetto TRE. Perché? Ora sono pronto a dire la mia. Perché il rispetto non è un istinto. Si può solo guadagnare con il progresso culturale e tecnologico e quindi ecco il motivo per cui nei paesi estremamente progrediti si annullano le disparità di genere (Islanda e Scandinavia in testa. L’Italia è all’ottantesimo posto nel mondo).

E la pubblicità?
Bene, la questione sulla violenza di genere e la disparità sessuale nella società italiana stanno diventando un argomento estremamente attuale e questo grazie anche all’impegno della Presidentessa Laura Boldrini che ha portato in parlamento queste tematiche che “sembravano” dormienti. La pubblicità, quella autentica ha il dovere di comunicare il messaggio, per creare dei modelli di consumo auspicabili, creare identificazione e contribuire alla formazione. Non dimentichiamo che la televisione ha insegnato l’italiano agli italiani, decenni fa, ora la pubblicità può sfruttare i suoi canali per alzare la voce, far sapere, informare, e sta a tutti noi contribuire per condividere, con post, tweet, segnalazioni per abbattere il silenzio sul disastro che noi stessi abbiamo creato.

(Aimone Bonucci)

(*)Aimone, classe 1985, è un Art Director e lo scorso aprile è stato invitato da Giuliano Garonzi a fare parte delle prestigiose giurie dell’Art DIrectors Club Italiano.
I suoi lavori sono comparsi su IdN Magazine, ZDF, Deutschland Radio, Form – The Making Of Design, Zitty Berlin, Pecha Kucha.

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