FORMA&SOSTANZA apparire ed essere
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Con buona pace di chi da sempre coltiva la cultura del fornello, l’italico popolo ha scoperto come essere trendy al grido di “te lo seleziono io il giusto prodotto! La preparo io stasera la giusta cena!” In un periodo meno sospetto, lo sbracciamento poteva essere accolto con un certo sollievo, perché il volontario di turno non si sarebbe mai spinto al di là di un semplice aglio & olio o di un classico pomodoro & basilico.
Ci s’imbatte spesso invece in una cucina di rivisitazione, un modo nuovo di intendere la tradizione riveduta e corretta: l’imperativo è la leggerezza, e la conseguenza è che ti tocca sorbirti una carbonara con il prosciutto cotto o addirittura mantecata nel parmigiano.
L’elaborazione delle materie prime in cucina è da sempre frutto di un’esperienza maturata negli anni, partita da una passione vera, sudata e conquistata.
Un tempo chi non aveva questi requisiti si accomodava tranquillo in salotto senza scatenare il panico tra gli sventurati ospiti. Oggi nessuno resta indietro: tutti sanno. Il mercato è sensibile, sente odore di affare, si organizza. Ti fa trovare la ricercatezza che a te serve, gratifica la tua voglia di ostentare conoscenza, ti rassicura con un’infinità di selezioni e di biologico a prezzi da City: sembra che le piogge acide su certi prodotti non sortiscano alcun effetto.
Le confezioni migliorano, migliorando l’immagine dei prodotti. Le etichette sono uno spazio dedicato al design più ardito.
E’ il festival del prodotto ricercato, di nicchia. La forma è salva. E’ la sostanza che ha bisogno di certificazione e di comunicazione. A tal proposito vorrei raccontarvi una storiella.
Un giorno un cittadino passeggiando in campagna tra i campi si fermò a scambiare due chiacchiere con un contadino che teneva al pascolo due mucche, una bianca e una nera.
Il cittadino, per rompere il ghiaccio, chiese qualche informazione sui due animali. Il contadino, indicando la mucca bianca, disse: vedete quella mucca?
Tutte le altre danno dieci litri di latte al giorno.
Ebbene, quella riesce a farne venti!
E il cittadino: e quella nera?
Anche quella nera – disse il contadino… e vedete la mucca bianca?
Tutte le altre lavorano dieci ore al giorno. Ebbene, quella ne lavora venti di ore! Il cittadino espresse il proprio educato stupore: caspita, e quella nera?
Anche quella nera. Rispose laconicamente il contadino che, imperterrito, aggiunse: vedete la mucca bianca? Tutte fanno un solo vitello ad ogni parto, ebbene quella bianca ne fa due!
E quella nera? Chiese ammirato e un po’ stordito il cittadino.
Anche quella nera!
Ma allora, scusi – fece notare il cittadino – se fanno le stesse cose, perché parla con entusiasmo della mucca bianca e tralascia quello che fa la nera?
E’ semplice – ribatté il contadino – quella bianca è mia!
E quella nera?
Anche quella nera!
A questo punto, immagino che stiate pensando di rileggere il titolo dell’articolo e, magari, vi state chiedendo il perché di questa storiella.
Proviamo a sostituire, per semplificare, alla mucca bianca il vino francese e a quella nera il vino italiano: non ci si trova forse calati in un mondo in cui forma e sostanza (apparire ed essere) sono sempre e soltanto i risultati di pura e semplice comunicazione?
Non si sa bene in che modo la mucca bianca sia riuscita a comunicare qualcosa in più al contadino, forse con qualche sguardo particolarmente dolce, un battito soave di ciglia, chissà. Comunque sia, un risultato di certo l’ha ottenuto: farsi notare. E’ un po’ come tra fratelli in famiglia oppure come tra Saverio e Mario in Non ci resta che piangere di Benigni&Troisi, dove la mamma di Vitellozzo – Parisina, non aveva occhi che per Mario, calmo, distante, gentile e di bell’aspetto, a dispetto di Saverio sempre disponibile ma nervoso e arruffato. “Grazie Mario” scandiva la cinica nonnina per rimarcare la sua preferenza, anche se le idee e le cose le faceva l’incredulo Saverio.
Del resto, tutte le azioni della vita relazionale e sociale potrebbero essere viste in termini di comunicazione e di conseguente accettazione.
La comunicazione, nella sua definizione più semplice, è un trasferimento di informazioni, di codici, attraverso un canale o un mezzo, da un Emittente a un Ricevente (destinatario). La comunicazione di massa è il veicolo di relazioni capillari e dinamiche che si stabiliscono e s’instaurano in società particolarmente progredite.
I problemi inerenti al suo sviluppo ed ai suoi effetti sono molti e complessi, e si evidenziano in una proliferazione esasperata di messaggi appositamente elaborati.
E’ straordinaria la capacità per una comunicazione attenta e mirata di creare sempre nuovi miti, di rafforzare i preesistenti, di facilitare nuovi atteggiamenti e stili di vita.
Il fenomeno è per sua natura psicologico, perché comprende tutti i rilievi del comportamento umano, trova la sua massima espressione non soltanto nella scelta preferenziale dei prodotti da parte dei consumatori, ma nella stessa azione di questi verso nuovi e insospettati bisogni.
In questo modo gli aspetti negativi di una strategia di vendita saranno vieppiù caratterizzati dalla comunicazione subliminale, capace di parlare al solo subconscio e di spingerlo a un acquisto di effimera necessità, invadendo così zone solitamente rispettate dalla convenzione sociale.
Se l’obiettivo è uscire dall’ombra per farsi notare e quindi ottenere l’assenso dagli altri a partecipare ai molteplici riti di relazione sociale fatelo, con la speranza che l’acquisto fatto piaccia anche a voi e non solo al vostro capo ufficio, alla vostra collega, al vostro amico/amica, alla suocera e via cosi in un delirio di sudditanza psicologica fuori da ogni controllo. Sappiate comunque che il pericolo può essere dietro l’angolo, il tizio o il prodotto solo forma, ben vestito e ben inserito, a domanda muggisce! MU.GGI.SCE.