“L’hanno assunta perché è figa”
E tante altre frasi che non vorremmo più sentire – di Alexa Pantanella
Una riflessione di Alexa Pantanella, ospite del primo Equal Talk dedicato al linguaggio inclusivo. Titolo volutamente tratto dal libro “Stai zitta e altre 9 frasi che non vogliamo sentire più“, di Michela Murgia.
“Le parole che utilizziamo, lasciano tracce di noi e di chi scegliamo di essere, nel mondo”
Quello che è, recentemente, emerso dal mondo delle agenzie di comunicazione e che è stato chiamato il “metoo della pubblicità italiana”, è probabile sia lo specchio di quello che ancora oggi succede in molti contesti professionali.
Certo, quello che abbiamo letto, ha assunto toni e manifestazioni verbali che non pensavamo possibili. Nemmeno, per chi, come me, ha passato buona parte del proprio percorso professionale nelle agenzie. Eppure, è così: apprezzamenti sull’aspetto fisico, commenti degradanti, graduatorie e immaginifiche ipotesi d’incontri ravvicinati, sono diventati parte di un linguaggio “normalizzato”. Ma non paritario, perché ha fatto leva, evidenziandole, su evidenti disparità di tipo sessista e omofobo.
Il linguaggio, è forse utile ricordarlo, non è solo uno strumento che ci consente di condividere contenuti, idee, pensieri ed emozioni. È anche parte della nostra identità, ci identifica, dice al mondo da che parte abbiamo scelto di stare. Le parole che utilizziamo, lasciano tracce di noi e di chi scegliamo di essere, nel mondo.
“Come mi sentirei se una frase del genere venisse detta a me o mia sorella, compagna, amica, nipote, figlia?”
Nonostante quello che potremmo pensare, non tutte le parole “volant”, anzi: quelle che toccano le persone da un punto di vista più personale e identitario, restano lì, si attaccano addosso e continuano a produrre i loro effetti anche nel tempo, come fossero dei medicinali a rilascio lento.
Il linguaggio ha, quindi, un impatto concreto sul contesto che abitiamo e condividiamo. Nonché sul benessere emotivo e psicologico delle persone intorno a noi. Che dipende anche dal linguaggio che incontrano sul loro cammino professionale. Dobbiamo, quindi, prenderci la responsabilità del linguaggio che utilizziamo e agire per modificare ciò che non ci rappresenta, ciò che giudica, umilia, etichetta.
“C’è bisogno del contributo di tutti, tutte e tuttə. Soprattutto se non si è oggetto di certi commenti“
Un errore che si potrebbe commettere è pensare che tali questioni riguardino solo il genere femminile o la comunità LGBT+. Ma non è così. Se vogliamo che le cose cambino, c’è bisogno del contributo di tutti, tutte e tuttə.
Soprattutto se non si è oggetto di certi commenti. Chissà se la prossima volta che sentiremo dire frasi tipo “con quelle tette è difficile guardarla negli occhi”, oppure “sei un gelatino da leccare” ci chiederemo, almeno per un secondo: “cosa dice questa frase di chi la pronuncia?”, “voglio identificarmi con un maschio predatore, che bracca le sue prede?”. O ancora, “come mi sentirei se una frase del genere venisse detta a me o a mia sorella, compagna, amica, nipote, figlia?”.
Se questo riflesso si accenderà, forse vorrà dire che qualcosa sta cambiando, che una nuova consapevolezza sta prendendo piede e che vedremo davanti a noi la scelta tra cambiare il nostro e altrui linguaggio, oppure restare complici di questo stato di cose.
Alexa Pantanella
Esperta in comunicazione, con una lunga esperienza in grandi agenzie e in azienda, come Resp Comunicazione e Media. Dal 2018, si occupa di linguaggi inclusivi e accessibili, attraverso la realtà che ha fondato (Diversity & Inclusion Speaking). Nel 2022, ha pubblicato il primo saggio in Italia dedicato al linguaggio inclusivo: “Ben Detto: un’immersione nel modo in cui usiamo il linguaggio e una guida su come renderlo più consapevole e rispettoso”. Pantanella è stata ospite del primo Equal Talks live su Instagram, tenutosi il 23 ottobre 2023.