Postato il Mar 13 Set 2016 da in La vita del Club

TEMPO RELATIVO

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Non c’è dubbio, le relazioni sociali stanno conoscendo anni di crisi.
Una crisi determinata dall’incapacità di stabilire rapporti che durino nel tempo. E’ tutto un mordi e fuggi. E’ un prevaricare, con arroganza, di posizioni non nostre. Nessuno sta al suo posto: inteso come posizione di competenza. E’ un fiorire di opinionisti, tuttologi, comete che durano giusto il tempo di una fugace chiacchierata senza impegno, soprattutto senza vergogna. La vergogna è un sentimento in disuso, oserei dire desueto. Non si applica. Il fatto di essere cosi maldestramente presenzialisti, induce chi ha buon senso a ritirate strategiche in riserve ghetto, dove usa ancora l’anacronistico rito di stare in silenzio ad ascoltare gli altri mentre parlano e di abbeverarsi al sapere competente, in religioso silenzio, aspettando il proprio turno. Qualcuno chiama tutto questo semplicemente educazione. La verità è che probabilmente siamo vittime di un individualismo sfrenato, che ci affligge da un po’ di tempo a questa parte, è chiaro che il bisogno che abbiamo dell’affermazione del Sé, ci porta a vedere gli altri come una minaccia: ostacoli da superare a qualsiasi costo. I programmi televisivi, modelli ancora di educazione del nostro tempo, non fanno altro che assecondare questo pensiero: i reality show politici eo “d’acchiappo”, sono un esempio lampante di competitività sfrenata e basati sostanzialmente sull’inimicizia conflittuale e sulla cafoneria diffusa.
Non abbiamo tempo per capire l’altro, abbiamo tante cose da fare. Non siamo contenti neanche del nostro tempo libero, non siamo per niente soddisfatti. Eppure in base ai dati istat di recente pubblicazione, andiamo di più al cinema, a teatro, in discoteca e allo stadio, è passata in dieci anni, dal 57,2% al 66,4%, la percentuale di italiani che si dedica a queste ludiche attività. Anche se su tutte trionfa incontrastata ancora la televisione, forte del suo 91,1% riferita alla popolazione con oltre i tre anni di età, che la guarda più di una volta alla settimana e tra questi l’88,4% lo fa con frequenza giornaliera. L’istat ci dice ancora, con i suoi cinici dati, che non ci basta e non ci piace il tempo che passiamo con i nostri amici. Ma non ci piacciono nemmeno più gli amici. E’ possibile che con il nostro frenetico pressappochismo manchiamo di concentrazione, diamo tutto per scontato e tutto ci è dovuto, perché il saldo per noi deve essere sempre in attivo. Il nostro debito nel dare agli altri ci trova sempre distratti o quantomeno indifferenti. Non ci soddisfa nemmeno viaggiare. Eppure viaggiamo molto per puro divertimento: nel 2014 sono stati 63 milioni e 632 mila i viaggi con pernottamento, compiuti dai residenti e di questi soltanto 8,2 milioni sono stati pernottamenti legati a motivi di lavoro. Viaggiare è come fuggire. Andare lontano per qualcuno equivale ad allontanare il problema. Invece così facendo si allontana, si sospende per un po’, soltanto la soluzione. In un tempo, non meglio precisato, qualcuno pronunciò la famosa frase “tutto il mondo è paese”. Tra le tante e diverse interpretazioni che si possono dare a questa affermazione, a me piace pensare al fatto che, quando si sta bene con se stessi, il tramonto è un momento magico di per sé, al di là che il sole cali a Colleferro o ad Acapulco. Si narra difatti, a sostegno di questa tesi, che sono stati avvistati accalorati litigi sui lungomari più esclusivi. I duellanti, in preda ad un attacco di prevaricazione selvaggia, si dimostravano indifferenti ed insensibili alla coreografia offerta dal posto, ad un prezzo , per altro, non proprio economico. Forse l’intolleranza verso gli altri è dettata dalla nostra incapacità di stare al mondo. E’ data dai nostri limiti ad entrare in relazione con gli altri, perché questo presuppone una verifica seria dei nostri limiti. Una denuncia trasparente delle nostre incapacità. Va da sé, che questo consegnarci agli altri, presuppone un atteggiamento di forza interiore, di onestà intellettuale e di una solidarietà umana che notoriamente ci fa difetto. Non coltiviamo questi sentimenti, perché non abbiamo tempo. Beh, forse è venuto il momento di dirci la verità. Non è il tempo che ci manca, ma il coraggio. Questo sentimento, che in tempi remoti nobilitava i cavalieri, oggi è in difficoltà a nobilitare gli uomini. Lo specchio ci ripugna. Non abbiamo il coraggio di vergognarci. Come già detto, è una pratica desueta. E’ fuori moda anche chiedere scusa. Si fugge da se stessi, e dalle proprie responsabilità. Lo sport nazionale praticato dai “faccia da tolla” è addossare vigliaccamente ad altri le proprie colpe, provando a salvare meschinamente la propria posizione.
E’ inevitabile, in questo vivere annaspando, ansimando nella costruzione febbrile di una verità non vera, il tempo sarà giudice supremo. Quando sarà, presenterà il conto. Perché il tempo si sa, Lui, è un Galantuomo.

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