Postato il Mar 3 Mag 2022 da in EqualThink with ADCI

Aspettando Equal: “Voce alle gamer” e gli stereotipi di genere nel gaming

In questa nuova rubrica, diamo spazio a progetti che stanno contribuendo alla costruzione di una comunicazione più inclusiva, ospitando il racconto delle socie e dei soci che ci hanno lavorato.

Cominciamo con il progetto “Voce alle gamer“, commentato dalla socia Cristina D’AnnaCreative Supervisor in Wunderman Thompson e sviluppato insieme a WINDTRE.

Il progetto sarà candidato al premio Equal alla prossima edizione degli ADCI Awards: auguriamo in bocca al lupo al team e con l’occasione invitiamo socie e soci a segnalarci altri progetti di matrice DE&I da commentare attraverso il nostro blog, per ispirare attraverso le idee e la creatività sempre più progetti capaci di ridefinire lo status quo e gli stereotipi comunicativi.

VOCE ALLE GAMER – commento di Cristina D’Anna

Quando il diritto di essere se stesse viene messo in gioco.

In quanto professionisti della comunicazione, ci preoccupiamo e ci occupiamo da molti anni di violenza di genere: con le nostre idee vogliamo eliminarla dalle case, dagli ambienti di lavoro, dalla scuola, dalla strada. Sappiamo che la parità tra uomo e donna è ancora lontana, ma riteniamo che ci si stia avvicinando sempre di più e questo ci dà la serenità di chi ha preso la direzione giusta. Insomma, potremmo dire: “In Italia non ci siamo ancora arrivati, ma quanti passi abbiamo fatto”.

Tutto bello, quindi, se non fosse che ci imbattiamo – io e il mio art director – in un dato, pesante come un macigno, che ci fa rimettere tutto in discussione. Il 72% delle gamer spegne il microfono quando gioca online.

“Ma perché?” ci chiediamo. E, dopo un’attenta ricerca soprattutto su YouTube e TikTok, non solo troviamo la risposta, ma capiamo che fino a quel momento avevamo ignorato totalmente una fetta di realtà.

Sì, perché realizziamo che non possiamo limitarci a portare avanti cause importanti, come la lotta alla violenza di genere, solo offline, quando tutti noi trascorriamo parecchie ore della nostra giornata online e stiamo iniziando ad affacciarci a una nuova realtà chiamata “metaverso”.

Ma torniamo alla risposta alla domanda “perché?”

Perché molte delle gamer che usano il microfono – e che quindi si identificano con la loro voce come donne – vengono invitate ad andarsene, derise o insultate da altri gamer, di solito uomini, di solito perfetti sconosciuti collegati dalle loro abitazioni da qualche parte nel mondo.

Una bella doccia fredda, proprio quando eravamo convinti di fare bene.

Però non era il momento di perdersi d’animo, anzi: era ed è quello di parlarne.

E, da creativi, lo abbiamo fatto costruendo un’idea creativa attorno a questo dato, perfetta per un brand come WINDTRE, che non solo è un provider di internet, che non solo ha un purpose che parla di vicinanza e di inclusione, ma che dall’anno scorso ha iniziato un percorso di consapevolezza sulla Digital Responsibility, volto a sensibilizzare tutti, soprattutto i più giovani, sul fatto che esiste anche un “io digitale” e che abbiamo diritti, doveri e responsabilità, anche online.

Tanti tasselli che insieme sono andati a costruire “Voce alle Gamer”, un social experiment che ha come target non solo chi gioca online, ma tutti, maschi e femmine, meno giovani e giovanissimi.

Abbiamo invitato Tuberanza, gamer dalle abilità riconosciute, youtuber, streamer, e soprattutto uomo, a giocare online negli studi di WINDTRE. E poi, senza prima avvisarlo, lo abbiamo messo nelle condizioni di farlo nei panni di una donna, modificando la sua voce in una femminile, grazie a un plug-in integrato nel microfono. Quello che ha subito Tuberanza, ossia essere deriso, insultato pesantemente e offeso per ore, è una vera e propria manifestazione di violenza di genere ed è quello che succede ogni giorno a tante gamer.

Con “Voce alle Gamer” abbiamo lanciato un’operazione che racconta un lato grave e ancora poco dibattuto della violenza di genere, restituendo una voce a quelle donne che preferivano privarsene per non essere insultate e che difende il diritto di ogni donna di essere sé stessa sempre, anche online.

E anche se non abbiamo l’ambizione di eliminare dal mondo dei videogame online quella mascolinità tossica di cui tutti possiamo fare a meno, siamo sicuri che sia un vero primo passo nella direzione giusta, anche se è una strada nuova, ancora non percorsa da nessuno.