La parola alla giuria – Valentina Amenta racconta Cannes
Ci siamo tutti? Rientrati dalle ferie? Ancora no? Beati!
Vabbè. Come saprete ormai molto bene, gli ADCI Awards si avvicinano. A proposito, avete già iscritto i vostri lavori? Potete farlo qui, ma sbrigatevi se non volete perdervi l’early bird.
Eh, dicevamo, gli ADCI Awards sono dietro l’angolo. E cosa c’è di meglio, per essere ispirati, che parlare con chi quest’anno è stata in giuria ai Cannes Lions?
Per questo, durante l’estate, ho più volte chiacchierato con Valentina Amenta, Deputy ECD in Caffeina e giurata italiana a Cannes. Abbiamo parlato di tutto meno che di Cannes, onestamente. Perlopiù, da buoni messinesi, ci siamo scambiati info sui luoghi in cui mangiare le granite migliori, dove trovare il mare più bello e gli stabilimenti balneari più kid-friendly.
Valentina, però, che è persona assennata, ha comunque scritto un resoconto dettagliato e, lasciatemi usare un inglesismo, molto inspiring della sua esperienza che io vi riporto paro paro, perché A) sono molto pigro e B) onestamente è così bello che sarebbe stato un crimine metterci mani.
Dai tagliamo corto, buona lettura.
MEMORIE DI UNA GIURATA A CANNES. DA MILANO.
Essere chiamata a rappresentare il tuo Paese come giurata a Cannes capita raramente.
Valutare ben 2 anni di creatività ancora meno.
Farlo da casa tua a Milano spero non capiti più.
Ebbene sì essere giurata a Cannes nell’anno post/durante il Covid mi ha dato la possibilità di vedere migliaia di lavori iscritti nella categoria Outdoor. Un viaggio fatto di ore e ore passate a guardare lavori sempre e solo da casa mia, con una sorta di being watching ipnotico, in compagnia di altri 9 giurati, collegati da tutto il mondo. Chi alle 6 del mattino da L.A. e chi alle 10 di sera da Tokyo.
La categoria Outdoor è radicalmente cambiata negli anni: non solo poster e billboard, ma anche grafiche minime e intelligenti come il progetto MiniMalism o pazze e colorate come Doritos Wasabi, stunt e activation che si svolgono, appunto, out of home.
Il presidente Luiz Sanches, AlmapBBDO, cintura nera in Outdoor, ci ha dato sin dall’inizio tre semplici regole. La prima: votate secondo il vostro istinto, votate i pezzi che davvero vi piacciono, non votate perché l’avete visto sul podio in altri awards. La seconda: premiate i grandi brand che hanno fatto qualcosa di importante in questi anni difficili per tutti. E infine la terza: siate generosi nei confronti dell’industry creativa che ha sofferto in questo biennio di pandemia.
E così è stato: 3 Gran Prix meritatissimi, il primo Moldy Whopper ça va sans dire. Village Electrique e Shutter Ads che sono arrivati in cima agli ori, fino in vetta con pochissimi dubbi, proprio per la scelta totalmente a impatto zero che ha fatto Renault e il ruolo che Heineken ha avuto in pandemia.
Osservando più da vicino chi si è aggiudicato un leone si possono individuare degli schemi ricorrenti: chi ha preso una posizione, ossia i brand che sono stati in grado di far sentire la propria voce su questioni importanti che impattano sulla vita di ognuno, come TrueName di Mastercard (btw firmata dall’italiana Cinzia Crociani). Poi i brand che hanno avuto un ruolo importante nella pandemia, come appunto Heineken con Shutter Ads.
Sono risultati vincenti anche i brand che hanno sfruttato la tecnologia per fare grandi cose: veri e propri enabler che hanno colmato dei gap nella società oppure si sono offerti di risolvere alcuni problemi. Un esempio è stato Google con l’ambizioso progetto Understood. Infine, keyword del festival è stata l’Haijacking, sabotare le regole del sistema per dirottarle al proprio servizio: questo è il trend dei brand game changer. Un esempio fra tutti è Burger King che ha in ogni sua campagna da Stevenage Challange a Moldy Whopper, cambiato le regole del comunicare comunemente inteso. E non per nulla è per la seconda volta consecutivamente il brand dell’anno.
Con 2000 iscrizioni, 139 shortlist, 31 bronzi, 30 argenti, 22 ori e 3 Gran Prix si chiude la mia esperienza a Cannes, da casa, dove ho visto lavori bellissimi rimanere fuori dalla shortlist e altri scalare facilmente la vetta senza problemi. Una esperienza formativa, totalizzante e da provare almeno una volta nella vita di un pubblicitario.
Qualcuno a un colloquio una volta mi ha detto: “non è per i leoni che hai vinto ma per quelli che vincerai”. Allora proviamoci ancora. Il prossimo anno.
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