Grand Prix Adci – The Winner is…
Le giurie ristrette hanno assegnato il Grand Prix Adci al commercial “The Dog“.
“Scoglio di Quarto” e “The Force of Tipography” si sono classificati, rispettivamente, al secondo e terzo posto.
Di seguito trovate l’intervista a Marco Venturelli.
Come procede la tua esperienza francese e quali sono le principali differenze che hai riscontrato con il modus operandi italiano?
Io e Luca siamo a Parigi da un anno ormai e ci troviamo molto bene. Certo, la nostra è una posizione fortunata, lavoriamo in Francia per Citroen, uno dei più grandi marchi francesi che comunica in tutto il mondo. Per quanto ci riguarda la differenza principale è la quantità di lavoro prodotto. In Italia si fanno molte presentazioni, ma pochi progetti vedono davvero la luce. E quei pochi sono figli di ogni tipo di compromesso. Detto questo, i creativi italiani non hanno assolutamente niente da invidiare agli altri, ma la squadra in cui si gioca conta tanto.
Andrea Stillacci a maggio definì vergognoso il caso della gara “Ferrarelle” in cui cinque agenzie avevano lavorato gratis per sei mesi senza che alla fine vincesse nessuna. In Francia si verificano situazioni analoghe?
A quanto ne so io assolutamente no. Anzi, qui sono tutti molto attenti a tutelare i propri diritti, alla faccia dello spauracchio della competitività. E questo vale a ogni livello e in ogni tipo di rapporto. La cosa interessante è che per quello che ho potuto capire questo atteggiamento, alla lunga, rafforza tutti.
Secondo te perché i creativi italiani non riescono più a creare grandi agenzie (ma nemmeno medie)?
Forse perché nessuno è ancora riuscito ad avere la credibilità per prendere grandi clienti e portarli a fare un grande lavoro.
Non esistono casi come la Johannes Leonardo di New York. Due giovani creativi che hanno fondato la loro agenzia e in tre anni hanno già vinto ori a Cannes con lavori per Google. Tra parentesi con loro lavora anche un ragazzo italiano.
Pensi che un giorno potresti aprire una tua agenzia?
Tutti i miei amici che l’hanno fatto mi sembrano molto contenti. Anche se non sono tra quelli che pensano che il tempo delle grandi agenzie sia finito. Anzi. Solo le grandi dimensioni ti permettono di investire in talenti e creatività anche quando non c’è un ritorno immediato.
Tra le campagne italiane premiate a Cannes quest’anno ce n’è una che ti ha colpito particolarmente?
Il lavoro di AUGE per Alice non puo’ non piacere. E poi devo ammettere che ero in sala quando hanno proiettato le shortlist, e il film di Cric è stato applaudito molto più di quanto mi aspettassi.
A volte il mestiere ti fa perdere la capacità di apprezzare le cose più spontanee. Complimenti a loro per averci creduto.
Ben due leoni italiani sono arrivati da realtà piccole e indipendenti. Lo ritieni un fatto casuale o indicativo?
Vorrei tanto dire indicativo. Ma in realtà penso che i successi della creatività italiana siano sempre dei colpi occasionali e non il frutto di un sistema che ricerca l’eccellenza.
Pertanto temo che sia tutto abbastanza casuale.
Osservare dall’esterno spesso permette una maggiore lucidità di giudizio. Dal tuo attuale punto di vista hai qualche suggerimento da dare al consiglio direttivo Adci?
Mi piacerebbe che si lavorasse per superare il nostro difetto principale, che è lo scarso spirito di gruppo. Troppo spesso in Italia festeggiamo il fallimento dei nostri avversari come un nostro successo. Sembriamo le contrade del palio di Siena. Mentre gli americani in giuria a Cannes fanno lobby per spingere tutto il lavoro americano e i brasiiani al palais festeggiano ogni leone come se fosse il loro.