Postato il Gio 11 Mar 2021 da in IntervisteTransatlantic

TRANSATLANTIC: CROSSING DAVID LUBARS’ OCEAN

Autore: Simone Nobili

David, l’uomo invisibile. 

Di lui si sente solo lo scalpitare del nome, che corre su e giù la griglia di streets&avenues della Manhattan di Woody Allen. 

La leggenda lo vuole rigoroso e con la spina dorsale fatta di dischi di ferro. 

Il suo codice morale e professionale lo trovi inciso nelle fondamenta del network BBDO. 

“The work, The Work, The Work”.

David Lubars è BBDO e BBDO è David Lubars. Non sai mai dove inizia uno e finisce l’altro. 

Nato a New York da padre pubblicitario, accento e fare scattante, pragmatico, efficace, pungente e brillante. 

La sua è una carriera costellata dalle più alte onorificenze e da Grand Prix che cadono a pioggia sulla scrivania di un “madman” dedicato a prendere a schiaffi il “good” pur di mettersi in tasca il “best”.

Durante l’intervista, la rivelazione.

Dalla sua bocca escono Keith Richards, Bob Dylan, Prince e un umorismo sottile e spesso che è ossimoro come la sua faccia quando si stende per un sorriso. 

Come si intervista una leggenda? Come ci si scansa dalle sue occhiate? Come ci difende dalle spallate dei suoi pensieri che corrono più veloci dei miei punti interrogativi? 

David  si è presentato alla registrazione della puntata 5 minuti in anticipo, mi ha aperto le braccia come fossero ante di una porta e ha pronunciato il mio nome senza strappazzarlo come di solito fanno qui in America.  

Lui che è a capo dei 289 uffici della BBDO. Lui che siede in cima ad un network che conta 15.000 dipendenti. 

Ma davvero ha detto sì a Transatlantic? Mi chiede un amico, sapendo che David raramente rilascia interviste.

Fortunato me, mi dico in testa. Questi oceani che sto attraversando sono lezioni di vita a mare aperto. 

Buona traversata a tutti voi.