Postato il Mer 9 Lug 2025 da in #ContinuityGiovaniLa vita del ClubThe Spark

The Spark of Intissar Maaroufi

Nel film Parasite (2019, dir. Bong Joon Ho) c’è una scena in particolare che profuma tanto di saggia filosofia di vita. Ed è una scena che, anche senza contestualizzarla (per chi non avesse visto il film, beh, shame on you!) ci regala delle battute di dialogo che mettono al centro una domanda che tartassa l’uomo moderno (e non solo) da innumerevoli anni: qual è il piano?

Siamo ossessionati dal progettare, dal programmare la nostra vita e avere dei piani a lungo termine per essere felici o semplicemente per rifuggiarsi dalla spaventosa idea che ciò che ci accade sia solo frutto di un puro caos ordinato di cui noi non abbiamo controllo.

Qual è dunque il piano? Chiede il figlio Ki-Woo rivolgendosi al padre.

E lui, con calma stoica e disarmante, risponde: «Sai che tipo di piano non fallisce mai? Non aver mai alcun tipo di piano, neanche l’ombra.»

È decisamente un mantra che tutti noi dovremmo imparare a fare nostro, quanto meno per toglierci di dosso parecchie angoscie e preoccupazioni. Ma c’è chi, involontariamente o meno, lo segue già da tempo e rappresenta per lei il suo personale “Elisir di Lunga Creatività“. Perchè – in fondo – a volte non serve avere l’idea o la risposta pronta ma, come dice lei stessa: «mi faccio prendere dalla marea della creatività e lascio che sia lei a guidarmi.»

Lei è Intissar Maaroufi, junior art director in Ogilvy e oggi protagonista di The Spark, la rubrica ADCI dedicata alla scintilla che ha dato vita alla passione per la creatività dei talenti Under 30 & 35.

Questo è il suo Spark

Intissar Maaroufi

Non sono mai stata brava a parlare di me.
Fin dai tempi delle elementari – quando chiedevano “qual è il tuo colore preferito?” – andavo in crisi: un giorno blu, il giorno dopo rosso, a volte pure verde! Le etichette mi sono sempre andate strette.
Col tempo ho capito che la creatività era l’unico spazio dove potevo stare comoda. Un lavoro in cui tutto cambia, ogni giorno, dove non esistono risposte fisse e ogni idea ti chiede di rimetterti in gioco.

La curiosità è il mio motore. Leggo, ascolto, osservo. Annoto tutto, anche le cose più assurde.
Dopo tre anni nella pubblicità, mi sento diversa almeno 237 volte. Ma forse è proprio questo il bello: cambiare forma ogni volta, finché un’intuizione ti sorprende nel momento più inaspettato.
E quando succede, lo senti. È come avere un superpotere.

Solo che invece del mantello, hai Photoshop.

Dove ti vedi tra 10 anni?


Non lo so con precisione, e va bene così. Mi immagino ancora curiosa, con voglia di sperimentare. Magari in un posto nuovo, a raccontare idee in modi che oggi neanche immagino. L’importante è continuare a mettermi in gioco. E avere una scrivania piena di references bellissime, disordinate ma ispiranti.

Quale campagna avresti voluto creare? E per chi?


PMU – The Calling. L’ho vista una volta sola, in accademia, ma mi è rimasta impressa come quelle canzoni che ti restano in testa e non mollano più. La musica ti dà la carica, le reference sono perfette, tutto è curato al millimetro ma senza perdere il guizzo. Ti viene voglia di fare qualcosa di altrettanto potente. Di quelle campagne che non solo guardi, ma senti proprio.

Cosa alimenta la tua fiamma?


Le persone che incontro, sempre diverse, sempre con qualcosa da dire, anche quando non parlano.

A volte basta ascoltare davvero per portarsi a casa un punto di vista nuovo, una domanda che non ti eri mai fatta, o anche solo una sensazione che ti resta addosso. E poi mi esalto quando gli stili si mescolano: cose lontane che si incontrano e trovano un equilibrio strano, ma giusto. È lì che nascono le idee più interessanti, quando smetti di cercare ordine e lasci spazio alle contaminazioni.