Postato il Lun 28 Feb 2022 da in AD MaioraHeritageLa vita del Club

Samba e cotillon

AD Maiora
di Emmanuel Grossi

Ultimi scorci di febbraio, primi barlumi di marzo. È tempo di iniziare ad abbandonare le mascherine per indossare le maschere, di provare timidamente ad uscire da una quaresima sociale e concedersi un po’ di spensieratezza prima della Quaresima religiosa. È tempo di Carnevale!



In un’epoca lontana, in mezzo alle mille euforie del Boom, erano di gran moda i veglioni: sia quelli più eleganti, sia quelli invero più… fantozziani. Ne reca testimonianza tanta parte del nostro miglior cinema e anche una certa fetta di pubblicità audiovisiva.

Feste tradizionali, maschere regionali, carri allegorici… Se da un lato la RAI stava formando una vera identità nazionale, in primis linguistica, dall’altro percepiva l’esigenza di avvicinarsi alla popolazione ponendone in risalto i mille localismi e particolarismi, dai dialetti al folklore, dall’enogastronomia ai patrimoni storico-artistico-culturali. E la pubblicità, dovendo rivolgersi direttamente ai consumatori e potenziali acquirenti, sposò subito la duplice operazione.



Già a fine 1957, quando Carosello era ancora in fase di rodaggio ma nei cinema gli short (perdipiù a colori!) raggiungevano vette di eccellenza, uno dei più grandi autori di tutti i tempi di film a passo uno, Paul Bianchi, lasciava stupefatti con Carnevale in cucina, sontuosa parata (complicatissima da realizzare per l’enorme quantitativo di oggetti da muovere, alcuni sospesi a mezz’aria tramite fili e specchi) di “carri” formati da ortaggi, posate, suppellettili e, in fine di corteo, un cappello da chef preziosamente adorno di sbrilluccicanti… dadi da brodo Lombardi.


Certo, le feste in maschera possono anche essere un mero diversivo alle solite ambientazioni (non dimentichiamo che sia i caroselli sia i telecomunicati brevi procedevano per serie, quindi occorreva una molteplicità di soggetti fra loro coerenti). Così, nel 1961 Peppino (De Filippo) cuoco sopraffino ammansisce un’orda di bambini mascherati preparando manicaretti con l’olio Dante, mentre l’anno dopo l’anima della festa (senza cuochi) è la Coca Cola, al tempo ancora proposta come bevanda per l’infanzia; tra 1962 e 1963 la Lever Gibbs (con la Lintas house agency) e la Exportex ammoniscono che anche a Carnevale è d’uopo sfoggiare sorrisi smaglianti e capigliature ordinate, affidandosi al dentifricio Signal e alla brillantina Brylcreem. Buono a sapersi.



Si entra più nel vivo dei festeggiamenti con le riprese di taglio documentaristico: nel 1959 le Terme di Crodo, fra i tanti Canti e leggende delle nostre valli, narrano la storia, variamente mitizzata, della liberazione di Ivrea, cui si fa risalire la locale battaglia delle arance (filmata esattamente dieci anni dopo anche per un documentario della Carlo Erba)… Finché nel 1967 non approda a Carosello (e al cinema) il Carnevale di Rio, già romanticamente evocato dai cartoni dei fidanzatini di Peynet per i savoiardi Lady Saiwa e ora euforicamente ripreso macchina a mano dal prode Giuliano Giustini per il caffè Mauro (dal samba alle fazende il passo è breve, infatti il codino pubblicitario viene girato in una vicina piantagione).


Di tostatura in tostatura, nel 1974 arriva Fefè, l’ocelao do café, uno degli ultimi personaggi disegnati da Paul Campani, la cui energia contagiosa è tutto merito del Carnevale e… della caffeina (rimarrà nel tempo il jingle di Franco GodiCi-ci-cu cici-cu-Fefè / do Brasil è Sao Café“). Poi l’entusiasmo carioca finisce relegato al footage, usato soprattutto per contestualizzare prodotti autoctoni (o che la narrazione vuole far percepire come tali), come la Batida de Coco (1978 ca) o il caffè Brasileiro (B Communications, 1978).



E Venezia? Di Venezia la pubblicità mostra soprattutto Piazza San Marco, i ponti, i piccioni… Nel 1987 Barry Kinsman ambienta nell’alba post-festeggiamenti un lungo spot per Amaretto di Saronno (dopo il successo del Treno Barilla tutti i clienti commissionavano a lui e a Gavino SannaYoung & Rubicam estenuanti tagli da 60-90-120″), facendo vagare tra le calli brumose una vamp in rosso, un misterioso uomo in domino e un vecchio prelato. I fasti dei carnevali passati riaffiorano poi con i cioccolatini Otello, che nel 2001 legano il lontano Cinquecento al nuovo Millennio sullo sfondo del Canal Grande.


Magia e sogno animano invece il Carnevale Amalfitano, popolando i vicoli di artisti di strada con le splendide maschere della tradizione in un bello spot per la Regione Campania (Pubblimarket) girato da Gianpaolo Tescari a metà anni Ottanta.



Tra la folla assiepata si snoda lento il lungo corteo dei carri di Carnevale. Draghi di cartapesta vomitano dalle cento bocche vapori di talco borato, fiammate di stelle filanti… Ragazze polpose lanciano sulla folla sottostante, che li reclama, coriandoli e fiori, con grida festose…“. Con questi suoi versi il regista Gianni Cattapan accompagnava nel 1979 uno degli Spazi F con la plastilina (già a colori) del Fernet Branca (Opit). “Si ride, si canta, si mangia, si balla, si beve, si manda l’affanno all’ammasso nel giorno del Sabato Grasso“.

Brindiamo dunque. Prosit!