“Non compro più” – il convegno contro gli stereotipi di genere nella pubblicità

Giovedì 18 come ADCI interverremo al convegno “Non compro più”.

Un progetto ambizioso, forte e radicale in cui si pone al centro il nostro potere d’acquisto. L’invito è ad usarlo. Come? Non acquistando più prodotti e servizi creati da brand che nella loro comunicazione utilizzano linguaggi e rappresentazioni lesive della dignità delle donne.

In collaborazione con Samanta Giuliani, socia del nostro club, abbiamo mappato i casi più significativi di brand e Publisher che stanno concretamente modificando l’immaginario globale grazie a progetti capaci di dare una nuova dignità alle donne: non perché diano loro più spazio, ma soprattutto spazio a nuovi ruoli e nuove rappresentazioni. La nostra ricerca su scala globale ha portato a esiti sorprendenti: un fermento, un’urgenza, il risveglio di una grande consapevolezza.

[Stefania Siani]

Il comunicato stampa ufficiale del convegno:

“Non compro più” è il titolo del convegno contro gli stereotipi di genere nella pubblicità, organizzato da FIDAPA, sezione Torino, giovedì 18 maggio 2017, ore 16,  a Palazzo Lascaris, via Alfieri 15 – Torino.

All’incontro, aperto dalla presidente Fidapa della sezione Torino, Giuseppina Sabatucci, partecipano esperti, giornaliste, professioniste del settore pubblicitario.

Obiettivo del progetto “Non compro più” ideato e voluto da Fidapa, BPW Italy, sezione Torino: contrastare la violenza sulle donne e gli stereotipi di genere. In che modo? Con una semplice azione: non acquistare i prodotti reclamizzati con pubblicità lesive della dignità delle donne per diventare consumatrici e consumatori consapevoli.

La nascita dell’Associazione Protocollo contro la pubblicità sessista avvenuta nel 2009 non ha frenato la creazione di campagne pubblicitarie diffuse attraverso vari mezzi e affisse anche in luoghi pubblici che trasmettono messaggi discriminatori verso le donne.

Il Codice di Autodisciplina della Pubblicità dice: “i messaggi devono rispettare la dignità della persona in tutte le sue forme ed espressioni e devono evitare ogni forma di discriminazioni”. Tuttavia la legislazione italiana è permissiva e, soprattutto, scarseggia la sensibilità sul tema.

Spontanea la domanda: perché tante immagini sessiste in un momento nel quale le donne, nel mondo occidentale, Italia compresa, sono più libere e occupano con crescente determinazione lo spazio pubblico?

Numerose ricerche dimostrano che più cresce l’esposizione di donne e ragazze a messaggi sessualizzanti o che le trasformano in oggetti, meno saranno le loro aspirazioni a ruoli importanti, mentre aumentano i loro disagi psicologici e le loro insicurezze.

Certo non sempre le donne sono innocenti.  Il 60% del pubblico televisivo è composto da donne, stessa cosa per i  giornali.

L’obiettivo è indurre la pubblicità a cambiare, diventare rispettosa della figura, della stima, della considerazione delle donne. Con la consapevolezza degli addetti ai lavori e delle imprese committenti migliora la sensibilità del pubblico e dunque l’equilibrio del sistema sociale in termini di parità di genere.

Nessuna invocazione alla censura, ma piuttosto la consapevolezza della necessità di cercare un punto di incontro fra la libertà di espressione e il rispetto della dignità delle donne troppo spesso offese da un esagerato uso del loro corpo a fini politici e commerciali.