Postato il Mar 1 Dic 2020 da in La vita del Club

“LUNA NERA”, IL PROGETTO VINCITORE DELLA QUARTA EDIZIONE DEL PREMIO EQUAL.

LE DONNE COME STREGHE TRA LE FIAMME DEI SOCIAL.


Di Stefania Siani.



La quarta edizione del Premio Speciale Equal, progetto culturale promosso da ADCI per favorire l’uguaglianza nelle rappresentazioni e nei contenuti di advertising, è stata vinta da Netflix e da Publicis Italia con il progetto di lancio della serie originaleLuna Nera”.

La giuria guidata dal Presidente di ADCI Vicky Gitto ha selezionato il progetto vincitore tra 50 candidature ed ha conferito il prestigioso riconoscimento sabato 14 Novembre, in occasione della serata di premiazione degli ADCI AWARDS 2020.

“Il progetto “Luna Nera” per Netflix – dichiara Vicky Gitto- rappresenta un bellissimo esempio di come un prodotto, in questo caso una serie televisiva, possa diventare la scintilla per prendere il volo e andare a toccare temi di grande attualità con attività di engagement a tanti livelli: dall’attivazione sul territorio con un bellissimo stunt, all’uso della tecnologia che rimanda sulle piattaforme digitali, all’endorsement da parte di un partner di grande credibilità come Treccani. Il valore che ha riconosciuto la giuria è stato proprio la capacità di affrontare un tema delicato come la violenza verbale sulle donne, con un approccio estremamente moderno, coinvolgente e fortemente rilevante.”

Il team della scuderia Publicis, tutto al femminile, ci regala un racconto polifonico di un’avventura durata nove mesi, che ha portato alla nascita di una delle campagne più complesse e potenti dello scorso anno: nata dall’ascolto del lato oscuro della rete, dove serpeggia, ora come allora, un odio e un linguaggio bruciante che solo una nuova consapevolezza potrà spegnere definitivamente. 



Ilaria Cormio, Associate Creative Director, Publicis Italy

Il brief che ci è arrivato era molto chiaro fin dall’inizio: comunicare Luna Nera, una serie fantasy di Netflix ambientata nell’Italia del Diciassettesimo secolo che racconta la storia di alcune donne che vengono accusate di essere streghe e praticare magia nera. Una tematica apparentemente molto lontana dal 2020.

Siamo quindi partite prendendo ispirazione da un articolo del Sole 24 Ore con un dato sorprendente. “In tre mesi 40mila attacchi via Twitter: donne nel mirino della violenza social”.

In quel momento abbiamo capito che una caccia alle streghe esiste ancora. Ecco dove sono quelle streghe e soprattutto dove sono quelle fiamme nel 2020.

Sono sotto una fotografia, una dichiarazione o un semplice selfie. Sono lì e sono sotto gli occhi di tutti. E sono da brividi, come quelli che abbiamo sentito quando abbiamo iniziato a raccogliere gli insulti dalla rete. Perché quando te li ritrovi su un freddo file excel feriscono, se possibile, ancora di più.

Siamo così riuscite a unire il tema dell’intrattenimento a un messaggio più grande, dando valore a una serie, legandolo a un argomento del passato.

Una tematica assolutamente attuale. Nove mesi lunghissimi in cui abbiamo messo cuore e tempo per costruire un progetto che non fosse solo comunicazione ma che avesse un ruolo attivo, un atto dovuto alle donne.

Come donna e come creativa sono super orgogliosa di quello che abbiamo fatto; noi del team Publicis, il cliente Netflix e i partner che ci hanno aiutato a rendere il progetto possibile.



Sara Rosset, Senior Copywriter

Un algoritmo di intelligenza artificiale ha setacciato il web in cerca di commenti, post, di odio contro le donne. Non solo bassezze tipo “stronza o puttana”, ma anche frasi cariche di odio senza contenere alcuna parolaccia esplicita. Ricordo il giorno in cui quei file Excel sono arrivati alle nostre scrivanie: dentro c’erano i commenti. Ricordo che dovemmo leggerli tutti per selezionarli. Ricordo che ci sentimmo male, senza dircelo all’inizio. Ma calò il silenzio tra di noi e dopo, fuori, sul ballatoio, prendemmo una boccata d’aria insieme. Ci sentivamo male. Ricordo che lì avevamo capito che mentre stavamo realizzando un progetto per lanciare una serie TV, stavamo anche facendo qualcosa di importante.



Giuseppina Iaccarino, Copywriter

“Se dovessi dirvi la parola “Boiler” qual è la prima cosa a cui pensereste?

A uno scaldabagno per “scaldare” l’acqua. Ovviamente.

E la parola cozza? 

A un mollusco, giusto? Con 80 grammi di linguine e un po’ di pomodorino, poi, la morte loro.


Eppure, nel tempo, questi termini hanno cambiato il loro significato e sempre più spesso sono stati associati alle donne, diventando delle vere e proprie offese.

E le parole, quando dette in modo sbagliato, diventano armi. 

E non esistono i mezzi giusti con cui difendersi.

La campagna vuole fare proprio questo: un’intelligenza artificiale per eliminare tutti quegli insulti che ogni giorno le donne continuano a ricevere, diventando, al tempo stesso, lo scudo di milioni di donne.

C’è ancora tantissima strada da fare, lo sappiamo, ma per iniziare a cambiare dobbiamo iniziare a parlarne. E così abbiamo fatto: ne ha parlato Geppi Cucciari, Treccani, Parole Ostili e tutte le altre influencer che hanno preso parte all’operazione, raggiungendo milioni di persone.

Sperando che questa volta, questo messaggio sia stato ascoltato.”



Giulia Di Filippo, Senior Art Director

Il brief a cui abbiamo lavorato ci ha messo di fronte a una sconcertante verità: le “streghe” non hanno mai smesso di essere perseguitate.


Una volta accadeva nelle piazze, dove la Chiesa e le autorità civili esibivano i corpi delle donne accusate di stregoneria e davano loro fuoco, in un tentativo – tanto estremo quanto teatrale – di spegnere le voci che non si uniformavano al credo dell’epoca.

L’ultimo rogo su territorio europeo di cui abbiamo testimonianza risale al 1782.

In realtà i roghi non si sono mai spenti, hanno semplicemente cambiato forma, adattandosi allo spirito e agli usi delle epoche che si sono susseguite fino ad arrivare ai nostri giorni.

Il dramma dei roghi di oggi non è solo costituito dalla loro diffusione – pensiamo alla quantità di messaggi e commenti di odio contro il genere femminile che popolano i social network – ma dall’abitudine.

I roghi del Seicento costituivano degli ‘eventi’, mentre oggi siamo talmente circondati da messaggi che in vario modo mirano a sminuire e ferire il genere femminile da esserne assuefatti.

È facile riconoscere un gesto di violenza plateale, ma richiede molta più attenzione – e spesso autocritica – realizzare in quante occasioni assistiamo – o ci lasciamo andare noi stessi – a commenti sulle donne di cui non riconosciamo la violenza e la gravità.

Un momento particolarmente difficile nel lungo processo che ha portato alla vita questo progetto, è stato quando abbiamo ricevuto il file Excel in cui erano raccolti tutti gli insulti registrati dal primo mese di social listening. Pagine e pagine di parole violente, crudeli.

Essere costrette a leggerle ci ha convinto ancora di più che quello che stavamo facendo era sì una campagna pubblicitaria per il lancio di una serie, ma che al contempo si stava traformando in un atto dovuto nei confronti di tutte quelle donne, amiche, sorelle che ogni giorno sono attaccate online da questa valanga di odio.

Dico una banalità se affermo che il mondo della pubblicità richiede una certa dose di cinismo. Ecco, per una volta ho avuto la certezza che non stessimo soltanto ‘vendendo’ qualcosa, ma che stessimo dando un piccolo contributo a tutti coloro che ogni giorno – in barba al cinismo – decidono di ‘fare’ qualcosa per combattere questa comoda e terrificante abitudine all’odio che abbiamo sviluppato.

C’è chi segnala un commento, chi si ferma se per strada vede una donna in difficoltà in una discussione con il/la partner, chi suona il campanello dei vicini.

Noi siamo riuscite a far parlare dell’odio online, grazie anche al prezioso aiuto di Parole Ostili e a quello delle ‘donne famose’ che si sono prestate a dar voce alla nostra campagna.

Come creativi non tutti i giorni si ha la fortuna di ricevere brief su cui è possibile costruire un progetto utile come questo, ma come esseri umani possiamo scegliere ogni giorno di non abituarci all’odio.



Francesca Nepote, Art Director

Sono molto orgogliosa di questo progetto certamente per un fattore emotivo, perché è stato il primo realizzato appena entrata in Publicis, ma soprattutto perché credo che questo team sia riuscito in un’impresa non semplice per il mestiere di un comunicatore: non solo lanciare un messaggio, ma effettivamente fare qualcosa perché questo diventi un fatto, un aiuto concreto.

Sono consapevole che questa operazione non abbia ribaltato il mondo in cui viviamo – basti considerare come ogni giorno continuiamo a leggere notizie dove donne su donne vengono messe alla gogna per il semplice fatto di aver vissuto storie spregevoli dalla parte “sbagliata”, quella che non viene mai perdonata.

C’è ancora tantissima strada da fare e lo sappiamo, ma per cominciare a cambiare le cose bisogna parlarne, come per fortuna stanno cominciando a fare tante voci diverse.
E noi – come sono orgogliosa, sì, mi ripeto! – abbiamo fatto un bel po’ di casino all’inizio di quest’anno, ed era proprio quello che volevamo.

Lo strumento di segnalazione all’interno dell’installazione (o “il pulitore”, come lo chiamavamo scherzando tra un’interna e l’altra) non era solo un messaggio di denuncia, ma un vero e proprio strumento per la battaglia che le donne combattono ogni giorno online e non, un mezzo reale per farsi sentire ancora di più e, cosa che forse è la parte che preferisco del meccanismo dell’AI, per aiutarsi l’un l’altra.

Insomma, per farla breve…l’ho detto che sono molto orgogliosa?