Postato il Mer 16 Set 2020 da in EqualLa vita del Club

Un caso inutile.

di Carlo Antonelli.

Carlo Antonelli è stato direttore di rolling stone, Wired, ideatore di Wired Next Fest, direttore di GQ. Ora è amministratore delegato di Fiera Milano Media. Leggete questo punto di vista utile su un caso inutile

Un caso inutile, specie in mesi epidemici: quello della modella Armine Harutyunyan usata in un altro tempo, il 2019, da Alessandro Michele (Gucci, 2015-…) per una sfilata – e comunicazione varia – come grilletto per scompaginare un po’ l’idea antiquata di bellezza standardizzata che una rarissima configurazione genetica temporanea sta diffondendo tutta identica e perfettina nel DNA mondiale, quello bianco in particolare (fatto raro, prima eravamo tutti diversi, e con certi nasi..).
Un gioco semplice insomma (e in rallentata sincronia con le questioni bodyshaming, ecc.) specie perché comune da anni tra frange ventenni dell’estetica nemmeno troppo underground, di taglio est-europeo in particolare.

Scrive il notissimo filosofo della scienza Telmo Pievani nel suo best- seller da autogrill ‘Imperfezione’ (Raffaello Cortina Editore) descrivendo la normalità: ‘tutto è precario perché non è perfetto, perché non è necessario e compiuto in sé, perché avrebbe potuto essere diversamente. Il cervello e il genoma, due tra i sistemi più complessi, sono anche l’evidenza evolutiva di combinazioni scombinate antiche e nuove. Sono reticolari, ridondanti, palesemente imperfette, inutilmente complicate, figli di rabberci, aggiustamenti, accrocchi e compensazioni.”.

Armine è armena. La sua storia è proprio una storia di combinazioni imperfette e antiche. Una storia di genocidio e di massacri, di emigrazioni e di fughe.
(Nel 1915 la Turchia pianificò il genocidio di oltre un milione e mezzo di armeni, “tutti traditori” quanto oggi i curdi sono “tutti terroristi”: quell’olocausto fu poi una fonte di ispirazione per i nazisti).
Viene da un inferno di morte, persecuzioni, fughe e costruzioni di comunità più o meno temporanee (tanto quanto lo stato ‘armeno’ in sé, immaginario in parte, come tutti).

Lo sguardo di Armine è ipnotico per la sua fierezza, che lo rende limpido.
È lo sguardo che ci dice anche del Mediterraneo, e di cosa sta succedendo.
È uno sguardo che non ha paura del persecutore.
È il sorriso beffardo che prepara la vendetta.
È una bomba che prima o poi esploderà.
È biopolitica, da più di un secolo.
Da qui, da tutto questo, viene la sua bellezza.
Semplice.
I discorsi, come si dice a Roma, stanno a zero.