Basta essere anonimi.

Un commentatore anonimo ci scrive:

anonimo per necessità come i predecessori che hai pubblicato ti dico che la frase “Le giuro che non c’è cliente di The Name per cui vorrei lavorare” suona di spocchia e superbia
se non era questa l’intenzione hai suonato male.

Questo blog non pubblica i commenti anonimi per motivi dichiarati sin dal primo post. Nemmeno i commenti positivi o comunque favorevoli alle mie posizioni. Per esempio ne ho cassato uno carico di promesse intriganti: “ti voglio limonare duro.” La nostra categoria professionale è già sprofondata sin troppo nell’anonimato perché sia utile nascondersi anche anche nella sua “roccaforte virtuale”.

Avevo già chiarito il senso del mio giuramento rivolto all’avvocato Goetz. E avevo evitato di censurare quel commento anonimo proprio perché mi aveva fatto notare la possibile ambiguità della mia frase “non c’è cliente di The Name per cui vorrei lavorare”. La semplice verità è che non ci sono clienti per i quali in astratto io vorrei lavorare sinché non conosco gli interlocutori con cui dovrei interagire. Non sono quel genere di creativo che sogna di lavorare per Nike, per Ikea, per VW, per Apple, ecc. Il mio sogno è lavorare solo con persone per bene. Quale che sia l’azienda. Spiegarmi ulteriormente significherebbe parlare di aspetti miei personali. Non è lo scopo di questo blog. Può essere invece di interesse comune soffermarsi sull’incipit del commento non firmato dal quale sono partito: anonimo per necessità come i predecessori che hai pubblicato

Cosa cavolo significa? Perché così tante persone sentono e pensano che l’anonimato sia una necessità, una norma non scritta da dare per scontata senza metterla in discussione?
Qui si sta parlando di due amministratori delegati, Torchetti e Fusignani, che hanno violato le regole scritte degli Adci Awards per quanto riguarda la voce cerimonia di premiazione. Qui si sta parlando del diritto dell’ autore a restare autore, nel bene e nel male, di quello che pensa a fa.

È una discussione su un principio. Non a favore mio o dei due amministratori delegati in questione.

Quale è la necessità che porta a restare anonimi? Io non ne conosco. “Anonimo per necessità”, credi forse che se avessi firmato il tuo commento saresti finito nella lista nera dei creativi nemici di Guastini? E che questo ti avrebbe compromesso la carriera? Sopravvaluti me e soprattutto sottovaluti te stesso. Ma ti rendi conto di che problema hai? E va ben oltre la sfera professionale. Se hai un’idea tua, ci credi e hai delle argomentazioni per sostenerla, non puoi rinunciare per paura.

Se i creativi pubblicitari italiani hanno perso rilevanza (e consistenza) è proprio per questo atteggiamento diffusosi come un cancro “meglio non esporsi”, “meglio non farsi nemici”, “meglio piacere a tutti”.

Vi ricordo cosa scrisse un vero creativo pubblicitario, molto tempo fa: “Se prendi posizione nei confronti di qualcosa, troverai sempre chi è con te e chi è contro di te. Se non prendi posizione su nulla, non avrai nessuno contro ma neanche nessuno con te” (Bill Bernbach) Vale nel lavoro, vale soprattutto nella vita. I creativi sono le uniche persone che hanno il privilegio di poter lavorare come vivono. Ma se vivono da funzionari e burocrati, non saranno mai dei creativi veri. Quale che sia la job description fashion sul loro biglietto da visita.

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