The Spark of Giovanna Mocchetti
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Giovanna Mocchetti
Ahh luglio…
Le ultime calls, gli ultimi meetings, le ultime produzioni e gli ultimi export_brief_final_logiuro_perdavvero (ma del resto sarà così davvero?) prima di godersi un pò di sano break estivo fatto di buon sole, buon cibo, buon mare e buone vibes alla Wiz Khalifa e Snoop Dogg in Wild, Young & Free.
E prima che l’estate con la E maiuscola ci rapisca e ci faccia dire addio – giusto per un pò – a schermi e notifiche, ecco che di ultimo c’è anche il nostro articolo… per ora.
Prima di andare in ferie e ripartire più carichi di prima, ecco che noi di The Spark vi annunciamo e presentiamo la nostra (first Senior ever) protagonista della rubrica!
Lei è Giovanna Mocchetti, Senior Art Director in DUDE e laureata targata NABA.
Giovanna Mocchetti
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Questo è il suo Spark
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Raccontaci in breve “come tutto ebbe inizio“.
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All’inizio non avevo un piano preciso, volevo solo lavorare con le idee. Da allora cerco di starci dietro: a volte riesco, altre volte mi fanno fare qualche giro strano. Ma alla fine è quello che rende tutto interessante.
Non c’è stato un momento epico o una rivelazione mistica. È stato più un processo di esclusione. Disegnavo abbastanza bene, quindi ho fatto l’artistico perché era una delle poche cose che mi venivano naturali.
(Ora non so più nemmeno tenere una matita in mano, ma dettagli.)
Non sapevo nulla del settore: nessun nome, nessuna agenzia di riferimento.
Poi, a lezione alla NABA, ci parlano di Armando Testa. Ci mostrano Caballero e Carmencita, e tutte le loro campagne… poche ore dopo ero su eBay a comprare Pippo della Lines.
È arrivato, l’ho messo all’ingresso di casa, e ora mi guarda tutti i giorni. È la mia mascotte, il mio guru silenzioso, il mio pezzo da collezione.
Poi, ai miei primi ADCI, durante una battle tra registi, parte Mr. Wind di Epuron.
Boom. Fulminata.
Uno spot vecchio di almeno dieci anni, ma con una scrittura, un tono e un ritmo che ancora oggi sembrano avanti.
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Come descriveresti la tua Scintilla personale?
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La mia fiamma si accende da un mix di emozioni, a volte anche scomode.
Dicono che le emozioni negative non servono. Invece se le sai usare, spingono forte tanto quanto, e a volte più, quelle buone.
Tipo l’invidia — sì, lo ammetto — quella buona però, quella che scatta quando vedo qualcosa di bello e penso: “l’avrei voluto fare io.”
A volte c’è anche la rabbia, quella che nasce quando le cose non funzionano. Allora provi a rimettere insieme i pezzi per proporre qualcosa di nuovo (anche se hai grattato il fondo del barile delle idee). Ma quando ci riesci, la soddisfazione è enorme. Ti sei arrabbiata, sì, ma almeno ha portato a qualcosa.
E poi ci sono le emozioni buone, che tengono il ritmo…
La curiosità, che è la più costante. Quella voglia di provare qualcosa di nuovo, anche se non sai bene dove ti porterà. L’empatia, quella spinta a creare qualcosa che possa parlare anche per qualcun altro. E alla fine, c’è la gioia. Perché quello che faccio, semplicemente, mi diverte.
Quindi non è mai una cosa sola. È un intreccio di emozioni che si accendono in momenti diversi, a volte insieme, a volte no.
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Quale campagna invece avresti voluto creare?
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The Hidden Flag
Senza nemmeno pensarci due volte.
È l’esempio perfetto di come si può fregare il sistema con un colpo di genio. Hanno preso una restrizione assurda, l’hanno aggirata con astuzia, usando le stesse regole contro il sistema. Non si tratta solo di creatività, ma di una risposta diretta a chi cerca di negare alle persone il diritto di esprimere la propria identità.
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E se invece parliamo di una campagna che non ho ancora fatto, ma che mi piacerebbe fare?
Una bella proattiva in onore di Malox (il mio coniglio, non l’antiacido).
Non proprio per lui, ma anche grazie a lui: una campagna cruelty free, contro i test sugli animali.
Non quella che ti fa cambiare canale, ma quella che ti rimane in testa. E magari anche sulla coscienza.
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Quali sono i tratti che ti contraddistinguono?
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Più che un tratto vero e proprio, direi che c’è una citazione che mi rappresenta bene e che racconta il mio modo di pensare (e lavorare):
“Non succede eh…ma se succede…”
Della serie: provarci.
Sempre.
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