Il bando della matassa: “Roma in un’immagine”
Considerazioni di Paola Manfroni, vicepresidente ADCI, e Claudia Neri, Socio ADCI, art director e desiger, sul nuovo logo per la città di Roma.
Qui il bando di concorso del comune di Roma
Prima ancora di andare a studiare il brief che ha portato alla discutibile realizzazione di un logo per Roma, ci imbattiamo nelle parole di Monica Scanu, membro della commissione di valutazione e curatrice della mostra che espone 70 dei 1103 loghi partecipanti. Scanu parla di “una sintesi del variopinto e articolato scenario di singolari e colorate interpretazioni della città”.
Singolari e colorate. Cosa possiamo aggiungere. Quello a cui assistiamo è solo un grande equivoco.
Noi professionisti definiamo un logo come una sintesi estrema, portatrice di precisi valori, scelti come i più efficaci a raggiungere un obiettivo di comunicazione dato, capace di competere nell’affollato scenario dei segni proprio della contemporaneità. Non scaturisce da un’allegra e vasta partecipazione nazionale di professionisti misti a studenti, ma da un serio e competente lavoro svolto tra designer e committente. Una “colorata interpretazione della città” non è un logo, ma un’immagine per merchandising da bancarella. Utilizzo al quale pare effettivamente destinato a giudicare dalle applicazioni proposte. La bassa qualità del logo vincitore dunque è figlia della incredibilmente bassa ambizione che lo origina. Ambizione ben definita da una frase dell’assessore Croppi: “(un logo che ) era facile realizzare, visto che Roma ha un suo brand da qualche migliaia di anni”.
Così facile che la soluzione c’è già, proprio nel bando:
Il marchio proposto dovrà necessariamente rappresentare l’immagine della Lupa Capitolina, simbolo
della fondazione di Roma ed essere accompagnato dall’espressione testuale/logotipo “Roma”.
Che una soluzione così conservatrice e ovvia possa raggiungere gli obiettivi sfidanti esposti in un altro punto del bando
Oggetto del concorso è la realizzazione di un marchio logotipo destinato alla promozione della città di Roma
a livello nazionale e internazionale, alla comunicazione culturale e turistica, al merchandising e alla
commercializzazione.
è poco probabile.
Che il nostro mondo di graphic designer e professionisti della comunicazione – che oggi si solleva in massa contro le scelte capitoline – impari a comunicare di più e meglio sé stesso, per diffondere criteri di qualità che da anni sono largamente condivisi dalla comunità creativa nazionale e internazionale, ma ignoti a una bella fetta di committenza pubblica, è invece doveroso.
Paola Manfroni
Aggiunge Claudia Neri:
Ciò che colpisce, al di là della mediocrità imbarazzante del risultato, è la distanza siderale che separa classe dirigente politica e il design. Nel paese che il Design l’avrebbe inventato, stando alle cronache. E che del Design fa un porta bandiera per l’Export. (il tanto decantato made in italy). Purtroppo si possono citare molti altri esempi, primi fra tutti il logo “prima maniera” dell’EXPO di Milano, oppure l’imbarazzante frutto partorito per l’inutile portale di Italia.it. (con annessa cmpagna, ve la ricordate?)
Sono aberrazioni che nascono dallo scollamento tra l’incultura dei dirigenti politici e amministrativi e le classi professionali. Che non hanno voce. Mai
Fa quasi ridere poi l’idea che nel caso di Roma, ci sia pure la pretesa di vendere il merchandising ai poveri turisti stranieri. Secondo alcuni giornali addirittura, citando la brand id di NY , il famoso logo di Milton Glaser con il cuore.
E non è il primo d’aprile.
Claudia Neri
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