ESSENTIALS – 10 TITOLI DA VEDERE.
Autore: Flavio Nani
Fare una selezione di 10 titoli è difficilissimo: come si fa a sceglierli tra tutte le cose stupende che sono state girate? Sembra un’impresa impossibile ma in realtà è una cosa molto divertente, specie perché la selezione è basata su criteri arbitrari; e allora vale un po’ tutto e si lascia spazio all’istinto. Nella mia selezione ho cercato di essere vario: titoli di puro intrattenimento accanto a pellicole fondamentali per la storia del cinema; serie leggere accanto a documentari molto impegnativi. Ho cercato di mettere tante cose nuove andando però a scegliere anche tra titoli che hanno fatto storia. Senza la pretesa di fare la recensione dei vari titoli ma semplicemente rispondendo alla domanda del brief: perché quel film o quella serie non possono mancare tra le visioni di un giovane creativo?
UNCUT GEMS di Josh e Bennie Safdie (2019)
https://www.youtube.com/watch?v=vTfJp2Ts9X8
Uncut Gems ha un tiro pazzesco, è un film che va sempre a 300 all’ora, senza mai risultare stucchevole; ha dei picchi di tensione notevoli e un protagonista a dir poco magnetico. Ma il motivo per cui non deve mancare tra i film che un giovane creativo non può non aver visto è la colonna sonora di Oneotrix Point Never. Daniel Lapotain è uno dei più interessanti producer di musica elettronica degli ultimi anni e il lavoro che fa in questo film è bellissimo: oltre a valorizzare quanto fatto dai registi a livello visivo e narrativo, riesce a rappresentare in maniera potente cosa significhi fare una colonna sonora contemporanea. Sicuramente è per le sonorità – ricercate e iper stilose; ma soprattutto per come in certe scene la parte visiva e la parte sonora si fondono per creare un qualcosa di più potente. Non sono una al servizio dell’altra, ma diventano una cosa sola. I fratelli Safdie sono due giovani cineasti ormai annoverabili nella gloriosa scena indipendente newyorkese; e, tra le varie chicche registiche di questo film, riescono a dirigere in maniera convincente anche Kevin Garnett – ex stella dell’NBA.
SKIN di Guy Nativ (2018)
https://vimeo.com/ondemand/skin2
Il motivo per cui Skin non può mancare tra i film che un giovane creativo dovrebbe vedere è per la sua capacità di dimostrare che un’idea forte, se supportata da una buona struttura, può fare la differenza in una campagna di comunicazione come in un lavoro cinematografico. I corti che trovo veramente riusciti hanno sempre un’idea forte che fa fare loro il salto di qualità: in questo senso trovo che abbiano tanto in comune con gli spot. Skin è un film di Guy Nativ e ha vinto l’Oscar come miglior corto nel 2019.
LEVIATHAN di Andrej Zvjagincev (2014)
https://www.youtube.com/watch?v=tj0SMgg9Jqg
Leviathan è un capolavoro perché ha la capacità di restituire un quadro profondissimo ad un livello sia umano che sociale e politico; e lo fa attraverso un rigore formale potentissimo, restituendo uno spaccato autentico della Russia contemporanea. Leviathan è uno di quei film con un ritmo del montaggio molto lento ma che non ti annoia mai: i tempi delle scene sono dilatati e lasciano spazio ad una fotografia semplicemente perfetta; all’azione viene sempre preferita la reazione emotiva dei personaggi, il paesaggio non è funzionale alla storia ma espressione della condizione umana. Non può mancare tra i film che un giovane creativo ha visto perché è importante capire come lavora un vero maestro del cinema.
EUPHORIA di Sam Levinson (2019)
https://www.youtube.com/watch?v=teCrVa0J8v4
Euphoria è una serie teen di HBO di cui si è parlato moltissimo lo scorso autunno, una serie sugli adolescenti pensata per un pubblico di adulti che non si ricorda più – o vuole capire meglio – cosa succede nella testa dei giovani. Euphoria è molto divertente e la si guarda tutta d’un fiato; sicuramente una serie molto ben riuscita. Non credo sia un capolavoro, ma credo che sia una visione indispensabile ad un giovane creativo perché riesce a condensare tutti gli aspetti tecnici che vanno molto di moda in questo momento – anche in ambito commercial. In altre parole: a livello formale è super cool. La macchina da presa che gira, il contrasto cromatico nella singola inquadratura, i raccordi super elaborati e via dicendo; guardarla, per un pubblicitario, è un utilissimo esercizio.
THE ACT OF KILLING di Joshua Oppenheimer (2012)
https://www.youtube.com/watch?v=Q3FcB1UZHlg
The act of Killing è un pugno dritto nello stomaco; secondo me uno dei documentari più interessanti del decennio appena finito. Sicuramente fa impressione scoprire e veder approfondito uno dei fatti di cronaca più inquietanti del secolo scorso, quello dei massacri indonesiani degli anni Sessanta – l’esecuzione di quasi un milione di “comunisti”, di fatto gli oppositori al regime di Suharto. Ma il motivo per cui non può mancare tra i film di un giovane creativo è per come riesce a giocare con i codici del documentario grazie ad una formula narrativa molto innovativa: The act of Killing non è un documentario di repertorio, quello che verrebbe naturale girare visto il tema. Joshua Oppenheimer compie un’operazione tanto coraggiosa quanto azzeccata decidendo di far mettere in scena agli esecutori dei massacri ancora in vita i crimini che hanno commesso, interpretando anche il ruolo delle vittime. Il risultato è qualcosa che è difficile definire: sicuramente c’è una forte dose di grottesco, che si unisce a un dramma profondo – tutto ciò alternato a lunghi tratti di qualcosa di simile alla commedia.
THE SOPRANOS di David Chase (1999-2007) / THE WIRE di David Simons e Ed Burns (2002-2008)
https://www.youtube.com/watch?v=u9qpFgAa52U
https://www.youtube.com/watch?v=9qK-VGjMr8g
Nel mondo della serialità televisiva esiste un prima e un dopo The Wire e i Soprano; questo è il motivo per cui non possono mancare tra le visioni di un creativo, specie in lockdown se ha molto tempo libero. Queste due serie hanno letteralmente fatto epoca perché a partire dalla fine degli anni ’90 hanno creato un nuovo prototipo di serialità televisiva; sono entrambe prodotte da HBO, che non a caso dichiarava: It’s not television, it’s HBO. Tecnicamente sono tra le prime serie ad aver avuto uno sviluppo orizzontale. La linea narrativa attraversa le intere stagioni e diventa il vero elemento chiave. Prima le serie avevano una narrazione verticale: gli episodi avevano una struttura rigida e i temi venivano introdotti, sviluppati e conclusi all’interno della singola puntata. In sostanza è da questi due titoli in poi che le serie sono diventate cool, fondamentalmente perché sono bellissime: prima di loro serie TV significava soap opera à la Beautiful e Dallas; dopo di loro si è aperto un mondo di serialità televisiva in cui il livello qualitativo si è alzato notevolmente e il bacino di spettatori allargato a dismisura; insomma, una sorta di rivoluzione culturale nel mondo dell’audiovisivo. Da lì in poi ormai è successo di tutto: e quella rivoluzione ormai è diventata storia. Ma I Soprano e The Wire rimangono due pilastri ancora lì, in tutta la loro bellezza e solidità.
PARASITE di Bong Joon-Ho (2019)
https://www.youtube.com/watch?v=isOGD_7hNIY
Difficile che qualcuno non abbia ancora visto Parasite; ma i pochi rimasti devono rimediare al più presto, fosse solo per capire com’è stato possibile che l’Academy americana abbia deciso per la prima volta nella sua storia di assegnare il premio di miglior film ad un lavoro straniero. Guardando Parasite si ride di gusto, ma il tempo concesso alla leggerezza è limitato, perché Parasite è una profonda riflessione sociopolitica; dopo aver mantenuto il film sul piano della commedia, Bong fa esplodere tutto il dramma della nostra contemporaneità fino a far sfociare la storia in tragedia. I pochi che non hanno ancora visto Parasite lo devono vedere anche solo per capire quanto sempre più spesso nel cinema contemporaneo ha poco senso parlare di generi.
IO LA CONOSCEVO BENE di Antonio Pietrangeli (1965)
https://www.youtube.com/watch?v=_xt2jIx5IEM
Il motivo per cui un film come Io la conoscevo bene non può mancare tra le visioni di un giovane creativo è perché è importante ricordarsi che c’è stata un’epoca in cui noi italiani eravamo tra i più bravi al mondo a fare cinema; al di là di alcuni grandissimi maestri – di cui tutti ci ricordiamo i nomi, avevamo un’industry fortissima: in Italia venivano prodotti moltissimi film il cui livello qualitativo medio era molto alto. Antonio Pietrangeli non è tra i nomi di autori più ricordati ma dimostra quanto si può scavare in quegli anni per trovare perle. Io la conoscevo bene è un film sui sogni infranti il cui messaggio vale 50 anni fa come ora; è un film sul mondo dello spettacolo romano, ma soprattutto sulla nuova società italiana figlia del boom economico. Ed è un ritratto femminile formidabile, uno dei più toccanti che conosca.
MULHOLLAND DRIVE di David Lynch (2001)
https://www.youtube.com/watch?v=jbZJ487oJlY
Mulholland Drive è uno dei migliori film del regista più visionario degli ultimi 30 anni. David Lynch ha una filmografia straordinaria, unica e meravigliosa: iniziata nel ’77 con Eraserhead – esordio a dir poco sconvolgente, e conclusa nel 2007 con Inland Empire, una sorta di manifesto sul senso del cinema e più in generale della narrazione attraverso le immagini. Il motivo per cui Mulholland Drive non può mancare tra le visioni di un giovane creativo è proprio perché Lynch rimette totalmente in discussione le regole della narrazione e le reinventa secondo una formula originale e potentissima; Lynch sembra dire: l’importante non è capire la storia ma viverla in maniera emozionale. Le atmosfere ricreate dal regista comunicano con lo spettatore ad un livello profondo; attraverso il suo mood Lynch riesce a toccare il subconscio del pubblico come pochissimi altri registi riescono a fare.
VIAGGIO A TOKYO di Yasujirō Ozu (1953)
https://www.youtube.com/watch?v=lTMmsT4hUDk
Credo che chiunque dovrebbe vedere Viaggio a Tokyo, semplicemente perché è un film eterno. Ozu è unanimemente riconosciuto come uno dei più grandi registi di tutti i tempi e questo è il suo film più conosciuto, ritenuto da molti come una delle pellicole più belle della storia del cinema. Viaggio a Tokyo ha le sue radici nella cultura giapponese; ma allo stesso tempo ha la straordinaria capacità di trattare in maniera universale alcuni grandi temi comuni della condizione umana: per uno spettatore occidentale riesce ad essere sia un affascinante viaggio in una cultura lontana che un profondo percorso dentro se stessi e il nostro modo di essere nel mondo. È per questa sua capacità di essere allo stesso tempo profondamente giapponese ma inesorabilmente universale che non può mancare tra le visioni di un giovane creativo.