Postato il Lun 10 Nov 2025 da in La vita del Club

EP. 7 – Sirât – La potenza del linguaggio cinematografico

di Flavio Nani

Trasformare il reale in cinematografico è spesso l’obiettivo che ci si pone quando si pensa alla regia di un film. Ma ci sono scene in cui rispettare questo principio diventa particolarmente difficile. Penso, ad esempio, alle scene di sesso: quante volte, da spettatori, assistendo a una scena erotica ci viene da pensare “Ma non funziona davvero così”? Lo stesso vale per le scene legate al mondo dei party.

La sequenza iniziale di Sirât è ambientata durante un rave. È una scena lunga, diurna, girata ai piedi dell’Atlante – la catena montuosa che attraversa Marocco, Algeria e Tunisia. Lo spettatore viene calato completamente nella festa: è lì, insieme ai raver, e ne condivide le sensazioni.

Per raggiungere questa veridicità, il regista Oliver Laxe ha convinto un collettivo di raver a organizzare un vero party di più giorni, in cui era ammessa la macchina da presa. Unico patto: le scene non si ripetono. “C’è la festa, potete filmare, ma non chiedete alle persone di recitare o rifare un’azione”. Il risultato è di una autenticità e di una forza rarissime nelle scene di questo tipo.

Sirât è il terzo lungometraggio del regista franco-ispanico Oliver Laxe. Presentato al Festival di Cannes di quest’anno, ha vinto il Premio della Giuria. È interpretato da un cast di non attori, scelti all’interno di una comunità di raver. L’unico attore professionista è Sergi López, che interpreta il protagonista: un padre che, insieme al figlio di 12 anni, è alla ricerca della figlia maggiore scomparsa durante un rave.

Sirât è un film potentissimo. Profondamente contemporaneo anche perché inclassificabile. Gioca in modo magistrale sull’equilibrio tra documentario e fiction, mescola generi diversi per costruire un’identità propria, originale e memorabile. La narrazione è composta con una scrittura ipercontemporanea che prende la regola dei tre atti e la fa letteralmente a pezzi.

La ricerca formale alla base del film è straordinaria, sia da un punto di vista visivo che sonoro. La direzione della fotografia è firmata da Mauro Herce, che ha scelto di girare in 16mm e di costruire un’estetica insieme contemporanea e senza tempo. Le musiche, composte da Kangding Ray – produttore francese tra le voci più originali della musica elettronica contemporanea, danno vita a una tessitura sonora che diventa parte integrante della narrazione. Non a caso, la colonna sonora ha vinto il premio per la miglior musica a Cannes.

Il finale è discutibile: forse lì il regista avrebbe potuto rinunciare a volerci spiegare alcune cose. Ma la sensazione di aver visto un film unico, potentissimo, destinato a restare nella memoria, resta intatta.

Sirât è un film capace di far viaggiare lo spettatore a quote altissime e, un attimo dopo, farlo sprofondare a terra. Di farlo sognare e subito dopo assestargli un pugno nello stomaco. È, senza dubbio, uno dei film più interessanti che ho visto negli ultimi anni.

Sarà distribuito in Italia da MUBI ed è uno di quei film da vedere in sala: per godere appieno dell’imprevedibilità della narrazione, della cura estetica e della profondità sonora.

Un film imperdibile per chiunque si occupi di linguaggi visivi e di estetica.

Il trailer lo trovate a questo link: 

www.youtube.com/watch?v=_HvwhOY63Ig

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