Göttsche dice no alla gara Subaru
Non conosciamo le ragioni che hanno portato Michele Göttsche a questo “no grazie” probabilmente sofferto per quanto fermo e carico di orgoglio. Un orgoglio che da presidente dell’Art Directors Club non posso che apprezzare. Sono stati i troppi “sì” incondizionati ad avere tolto dignità e valore al nostro lavoro.
Lascio a Till Neuburg il piacere di commentare questa pagina di Göttsche.
Il raudi fatto esplodere dall’agenzia Göttsche in mezzo al silenzio assordante di chi dovrebbe fare e farsi una lunga serie di domande, secondo me è comunque un segnale di notevole qualità.
C’è un’agenzia che dice pubblicamente che un lungo sodalizio è arrivato al capolinea – inaspettatamente, ma anche indipendentemente dall’eventualità se lo scambio dei binari sarebbe stato attivato oppure no. Il messaggio fa anche capire che questo scambio non sarebbe stato deciso dal manovratore, ma che quel clakkk era già stato predisposto nella sala comandi di chi decide gli orari, il prezzo dei biglietti, le coincidenze.
Almeno questa è la mia lettura. E chi sa leggere (e non solo scrivere), sarà sicuramente d’accordo con me.
L’altro punto – e non è solo un puntino come lo troviamo dopo la E di GÖTTSCHE. – è che l’agenzia dichiara non solo la sua assoluta in-disponibilità a chiudere un occhio (o tutti e due), ma che non crede più nel “Vedi vidi vici”. Ma solo nel “vidi”.
È un annuncio sobrio e orgoglioso e si distingue pure per un elegante lay out. Proprio per questo lo considero un autentico botto a sfracelo sereno.
In una Champions League come la nostra dove i giocatori contano sempre meno mentre il buono e il cattivo secondo tempo lo fanno gli sponsor e i procuratori, sembra di assistere finalmente a una gara dove non c’è più la moviola, né i tempi supplementari, né il quarto, il quinto e il tredicesimo uomo a bordo campo. (Till Neuburg)