Perché diffido di Grillo. Sineddoche o appropriazione indebita?
Non siamo un blog che si occupa di politica ma questo post di Antonella Meoli verte soprattutto sul linguaggio. Questo lo rende a mio avviso interessante. Buona lettura.
Forza Italia già mi aveva derubato. Mi aveva scippato la possibilità di gridare il mio tifo alla Nazionale in modo innocente e condiviso. Ha impedito la possibilità di riconoscerci tutti, dietro quel grido.
Oggi di nuovo. Di nuovo vengo privata dell’uso innocente e condivisibile di una parola, una definizione. E in modo ancora più grave. Fino ad ieri ero una cittadina, uguale a tutti i cittadini di questo Paese. Essere cittadini implicava un sistema di diritti-doveri che ci accumunava tutti, esprimeva un’etica trasversale, che si sottraeva al gioco delle parti, che univa e non discriminava.
Oggi, come già accadde nella Rivoluzione Francese, il termine cittadino perde la sua universalità e non è più solo quello della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino ma diventa epiteto per distinguere i rivoluzionari dai difensori dell’Ancien Regime, meritevoli di ghigliottina.
Quando sento Marta Grande, neo eletta deputata 5 Stelle, dichiarare che loro valuteranno solo le idee, da qualunque parte provengano, e le appoggeranno solo se le riterranno buone e giuste per i cittadini, un dubbio mi assale: si riferisce ai “cittadini” eletti del Movimento 5 Stelle o a tutti i cittadini? Perché in questo ultimo caso mi chiedo se i rappresentanti del 25% del 75% degli elettori che hanno votato possano sentirsi i depositari assoluti di ciò che è buono e utile per tutti.
Non entro nel merito delle questioni: anch’io condivido molte delle loro rivendicazioni e non posso che nutrire gli stessi sentimenti anti-casta.
La questione è formale, ma quante volte nella forma ho trovato i germi di una deriva che, poi, ineluttabile è giunta. Proprio un’analisi formale del linguaggio mi ha impedito in passato di fidarmi, fin dal loro primo apparire sulla scena politica, del Craxi socialista e del Berlusconi che cavalcava mani Pulite.
E dal punto di vista formale non posso che sostenere i partiti. La stessa definizione ci dice che rappresentano una parte, che ambiscono certo a promuovere un modello di società che si applichi a tutti, ma con la coscienza che questo modello nasce da una visione di parte. Ed ecco allora il partito dei lavoratori, il partito della borghesia, il partito dei cattolici e così via. Nel definirsi rappresentante degli interessi di parte, automaticamente il partito riconosce la possibilità di esistenza di altre parti.
Il movimento dei cittadini invece mi fa paura. Perché non lascia spazio ad altro, dal momento che tutti siamo cittadini.
Proprio oggi Grillo si lamenta che i deputati e i senatori non hanno vincolo di mandato. So bene quanti disastri abbia creato questo principio: gli ultimi si chiamano De Gregorio e Scilipoti. Eppure, possiamo rinunciarvi? Se i deputati eletti devono votare come un sol uomo, la tentazione di avere un sol uomo è forte, perché tutti gli altri diventano tautologici e pleonastici.
Allora, siamo di fronte ad uno scippo o si tratta semplicemente di una sineddoche? In entrambi i sensi: la parte per il tutto, ovvero i grillini si ergono a interpreti di ciò che è giusto per tutti, e il tutto per la parte, ovvero si fa riferimento ai bisogni dei cittadini, tutti, per indicare l’agenda politica di una parte, i grillini. E ancora: si parla del Movimento, intendendo in realtà le opinioni di Grillo e si parla di Grillo, facendo riferimento alle posizioni dell’intero Movimento.
Ma la sineddoche non è, in fondo, la figura retorica di qualunque tirannia dove il tutto e la parte coincidono senza distinzione alcuna?