ESSENTIALS – 10 libri (non essenziali) per copywriter.
Autore: Maurizio Tozzini
Non amo particolarmente le liste. Per dire, sono uno di quelli che fa la lista per la spesa e poi la dimentica costantemente a casa.
Inoltre non credo ci sia un assioma, un dogma, né tantomeno un libro da studiare per fare il mestiere di copywriter. Ho conosciuto ottimi copywriter che avevano studiato economia o architettura, altri che arrivavano da un lavoro contadino, altri ancora avevano un passato fin troppo nebuloso e costellato di esperienze al limite della legione straniera.
Forse proprio per questo, quando mi hanno chiesto di creare questa lista di libri, ho subito risposto di sì con entusiasmo. Perché 1) so che se la dimenticheranno quasi tutti e 2) non sarà in alcun modo definitiva, dogmatica, imprescindibile.
Non importa quali libri si leggono, conta il bagaglio di storie che ci portiamo dietro. Ogni copywriter è un drogato di storie, farebbe qualsiasi cosa per procurarsene una buona.
Ecco, allora invece di replicare un decalogo che potete trovare fino a pagina 3 di Google, cercherò di darvi qualche consiglio un po’ sovversivo, o quantomeno non così scontato.
Pensata così la lista può essere utile, soprattutto se non è fatta di manuali cool ma di libri un po’ strambi, magari vecchi e dimenticati, un po’ come quelle chicche che si trovano nei mercatini dell’usato.
Vediamo cosa possiamo pescare:
1. Miguel de Cervantes – Don Chisciotte
Ok, avete ragione. Non siamo partiti con una rarità. Ma chi di voi l’ha letto davvero? Sì, perché il Don Chisciotte è uno di quei testi che molti pensano di aver già letto, “da qualche parte”, “magari non tutto” “sì, me lo ricordo”. Come in un’altra vita.
Il motivo è che, al di là del suo merito storico e del suo valore iconico (è il primo romanzo moderno) in questo testo ci sono quasi tutte le strutture comiche che troverete in una commedia di qualunque genere e che userete in uno script.
Dalla legge degli opposti comici (per capirci, da Don Chisciotte e Sancho Panza sono nati Stanlio e Ollio, Totò e Peppino, Bud Spencer e Terence Hill, ecc. la lista è lunghetta) al “fuori contesto”, dal “mito dell’ultima grande idea” alla risposta fuori luogo, quasi tutto è raccolto in questo libro ed è stato ereditato dai comici di tutto il mondo.
Inoltre, se parliamo di storie, questo è lo Chateau Latour delle storie, più invecchia più diventa profondo, profetico, sorprendentemente attuale.
Non so perché, ma quando vedo Trump che promette di costruire un muro lunghissimo e accanto a lui vedo la faccia di uno qualsiasi dei suoi assistenti, non riesco a non pensare al buon Sancho Panza che fa buon viso a cattivo gioco.
E se un presidente degli Stati Uniti, con un paio di accorgimenti tratti dal Don Chisciotte, può diventare tragicomico, lo stesso può succedere ai personaggi dei vostri script.
2. Roland Barthes – Frammenti di un discorso amoroso
Si dice che ogni storia sia una storia d’amore. Ma dal dirlo al dimostrarlo ce ne passa. Ed è proprio per questo che il libro di Barthes è geniale.
Ci vuole una discreta dose di vanità, oltreché di sapienza e genialità, per ambire a ridurre ogni storia d’amore mai esistita in una specie di puzzle. Ma è proprio ciò che avviene sotto i nostri occhi leggendo queste pagine.
Con un’analisi semiotica a dir poco acrobatica ma anche con una leggerezza e una raffinatezza disarmanti, il libro ci dimostra come tutte le storie d’amore del mondo, anche quelle più disperate, combattute, quelle di una sera o di una vita, la vostra che è appena finita e quella di Via col Vento, possono stare, comode comode, in 80 parole. Perché si somigliano tutte, tutte hanno la stessa struttura, le stesse schermaglie, la stessa disarmante prevedibilità.
Ottanta frammenti, fitti, stratificati, ricchi di riferimenti e ricchi di significati, ottanta capitoletti di una pagina e mezzo l’uno che racchiudono il vocabolario dell’amore e che classificano, senza pietà ma con straordinaria precisione, quella che una volta era un’insondabile danza del cuore.
Ottanta concetti che non potrete mai dimenticare quando starete iniziando a scrivere uno script che, anche alla lontana, parla d’amore.
NB: Leggetelo assolutamente se siete appena stati mollati e siete nella fase acuta. Vi guarirà all’istante.
3. Gino & Michele, Matteo Molinari – Anche le formiche nel loro piccolo s’incazzano
Se parliamo di scrivere copyAD, claim, headline spesso stiamo parlando di questo. Un cortocircuito, una folgorazione, una mossa tipo scacco matto. Ovvero, una battuta.
Beh, allora leggete questo libro, il primo, quello originale, che non doveva vendere un milione di copie ma alla fine è diventato un’istituzione, con più di dieci edizioni, nato da una delle intuizioni più geniali di Gino e Michele.
“Anche Le Formiche” sono una lista volutamente arbitraria – come quella che state leggendo – che salta di palo in frasca, liberamente, passando da Woody Allen a Papa Giovanni XXIII, da Oscar Wilde a Snoopy fino ad una scritta su un muro.
Troverete una fonte inesauribile di ispirazione, di storytelling fulminante, di spiazzante vivacità, un libro che vale più di dieci manuali sul copywriting e che a mio parere dovrebbe restare inchiodato sul vostro comodino, quando tornate a casa e non sapete come scrivere quella head per Fonzies o quello script per Buondì Motta.
Non per niente contiene un paio di celeberrime battute tratte da famosi spot, pur desolatamente anonime – perché sì, purtroppo il destino dei bravi copywriter somiglia a quello dei bravi sceneggiatori.
Ovviamente, se preferite una conoscenza enciclopedica dell’argomento, è uscito da poco Il Formichetti, la summa delle Formiche. Inoltre, per chi si sente troppo social e contemporaneo per Woody Allen, da segnalare il più recente capitolo della saga, scritto in collaborazione con Francesco Bozza, che contiene la stessa vertiginosa immediatezza delle Formiche originali, però amplificata dall’istantaneità e dal senso di urgenza dei social, in puro stile here and now.
Dai post ai meme, la dimostrazione che un copy non può non essere un battutista. O almeno provarci.
4. Octavio Paz – Vento Cardinale e altre poesie / Qualunque autore – Qualunque libro di poesie
Può darsi che il mio modo di vedere la nostra professione sia piuttosto ingenuo, visti i molteplici abbrutimenti nel mondo dell’advertising che noi tutti conosciamo, ma la base del copywriting resta quella. La parola.
Non solo nella sua funzione descrittiva (quella la conoscono fin troppo bene anche i clienti) ma soprattutto nella sua funzione emotiva, musicale, metaforica. Come diceva Paul Valery, “la poesia è una lenta esitazione tra senso e suono.” Ecco, anche il buon copywriting lo è.
Proprio per questo motivo trovate in lista un libro di poesie. Se non vi piace Octavio Paz e siete dei fanatici di Rimbaud o di Whitman, va benissimo lo stesso. Leggete poesie. Lasciatevi per un momento alle spalle il motivo per cui le state leggendo, la loro funzione, il loro senso o non senso.
Godetevi ogni parola, ogni suo colore (sì, io penso che le parole abbiano colori e sfumature, perdonatemi) la sua vibrazione e l’accostamento ardito con altre parole.
Vi servirà? Io spero di sì. Tenete conto che ogni copywriter ha a che fare, per il 90% del suo tempo, con frasi brevi, banali, piene di divieti (“parliamo di sconti, ma in modo premium”) e che il più delle volte le parole richieste non si discostano molto dal “più qualità più convenienza”.
Anche lì, dove meno ve lo aspettereste, può venirvi in soccorso la poesia. Perché aggiungere un po’ di suono dove c’è solo senso può fare la differenza.
Nello specifico, se non conoscete Octavio Paz, eccolo qui. Messicano, giramondo, premio Nobel per la letteratura, poeta sopraffino, esteta e cultore della parola, che nei suoi componimenti viene tagliata e ripulita come una pietra preziosa, innalzata a livelli ultraterreni, e che quando raggiunge il confine della perfezione culmina in quella che lui stesso definisce “l’onnipotenza del silenzio”.
Un po’ come i Pink Floyd dei giorni migliori, insomma.
5. Italo Calvino – Le città invisibili
Beh, anche qui non siamo nel campo dell’innovazione pura. Ma credo che Italo Calvino non possa mancare nella libreria di nessun copy che voglia davvero esserlo.
E tra tutti ho scelto il testo più matematico, più strutturato, più labirintico, ma anche il più lirico, nella sua ferrea architettura.
Anche questo libro appartiene alla sfilza di testi che tutti hanno letto, magari al liceo, ma che spesso non si conoscono. Perché a quell’età siamo troppo occupati per riuscire davvero a capirne il significato.
Provate a rileggerlo, come se fosse una sorta di Black Mirror in versione cartacea, e scoprirete uno strumento universale per la creazione di storie.
Ovvero un punto fermo. È tutto ciò che serve.
Come un compasso, la penna di Calvino traccia un intero universo partendo da un punto fermo: l’idea di città, come microcosmo governato da regole proprie, che possono sovvertire quelle a cui siamo abituati, fino a risultati vertiginosi. Ecco che ci sono città in cui il futuro diventa passato, città in cui non ci si guarda negli occhi, città che cambiano aspetto in base all’umore dei cittadini. Città astratte, città aeree, città ridicole.
In quanti modi la creatività può trasformare un singolo elemento in qualcosa di divertente, iperbolico, lirico, ecc? Potete scoprirlo con gli “Esercizi di stile” di Queneau, oppure potete impararlo leggendo uno scrittore superbo, e poi magari potete provare a immaginare come sarebbe la città del brand su cui state lavorando. Secondo me qualche idea vi verrà.
Almeno, a quelli di Monsters & Co. è venuta.
6. Naomi Klein – No Logo
Vi avevo avvertito della totale imprevedibilità di questa lista. Ebbene, ci siamo.
Per quale motivo consiglierei ad un/una giovane copywriter di leggere avidamente la bibbia del movimento no-global, un testo che ha rappresentato la prima, dirompente chiamata alle armi contro i disastri creati dal capitalismo e dai nostri benamati brand?
Il motivo è semplice. Perdere l’innocenza.
Tutto ciò che scriverete dopo aver letto questo libro sarà più disincantato e perciò più vero, e anche la vostra comprensione delle reali esigenze di un cliente lo sarà.
Sia chiaro, qui non si tratta di parteggiare per una o l’altra parte, lavorare per un brand o essere al servizio del diavolo, anche se, ad un certo punto della lettura, scommetto che arriverete a pensarlo.
Si tratta di sapere come vanno le cose, guardare in faccia una realtà che, anche se vecchia di 20 anni (il libro è del 2000) è ancora tristemente vera e per certi versi immutata, o di capire chi avete davanti quando leggete certi nomi in un brief, e anche certi altri nomi che vorrebbero tanto essere quei primi nomi.
Perché non si può creare uno spettacolo in cui il pubblico si perda se non conosciamo profondamente ogni trave che sostiene il palcoscenico, ogni argano che lo muove, ogni buio anfratto in cui cambiarsi d’abito.
Per contro, non vi garantisco che se leggerete questo testo senza preclusioni o pregiudizi diventerete più buoni. È più probabile anzi che diventerete più cinici. Perché riuscirete a trovare, in alcuni meccanismi che nel libro vengono scoperchiati, analizzati e sistematizzati, un buon vademecum per nuove idee.
Sì, finiremo tutti all’inferno, ma qui dentro ci sono buoni spunti per le vostre strategie, per le vostre campagne, per le vostre storie. E non avevamo detto all’inizio che noi drogati di storie faremmo di tutto per trovarne una buona?
7. Don De Lillo – Underworld
Potrei elencare almeno un milione di motivi per cui questo romanzo ha il diritto di entrare in questa lista. Ma, cosa più importante, non ne trovo nemmeno uno per escluderlo.
Iniziamo dal motivo più facile. È uno dei 5 capolavori della letteratura contemporanea. Chiunque siano gli altri 4.
Ma, particolare non secondario per noi “scrittori di scritte”, è la straordinaria potenza della scrittura a fare di “Underworld” un libro da leggere assolutamente. La vivezza delle sue immagini e l’acuta bellezza delle singole frasi ti si incolla addosso e diventa parte del tuo mondo, come certe t-shirt che sconfiggono il tempo e le mode.
Se non ci credete andate in libreria e leggete le prime 4 pagine, ovvero la descrizione di un adolescente senza biglietto che scavalca i cancelli dello stadio per andare a vedere le finali di campionato di baseball.
In quelle 4 pagine troverete la magia, e non vorrete più separarvi da quella storia, piccola e grande insieme, desolata e magnifica, che è la storia di una pallina da baseball che passa di mano in mano ed è anche la storia vorticosa, contraddittoria e sotterranea dell’America.
Come Don De Lillo riesca a rendere iconico anche il più infimo dei particolari, anche il più secondario dei personaggi non mi è ancora del tutto chiaro, così come non mi è chiaro come non abbia ancora vinto il premio Nobel per la Letteratura.
Mi è chiaro però che, raccontando un mondo fatto di scorie, culturali, fisiche sociologiche, questo libro offre a noi copywriter, oltreché un feticcio di scrittura creativa, anche uno splendido esempio di come una frase possa fare la differenza, rendendo memorabile ciò che è infimo.
8. Alessandro Baricco – The Game
Prima di iniziare a parlarvi di questo libro devo fare una brevissima confessione. Io ho fatto il Master della Scuola Holden. Non lo dico per non sembrare ruffiano, tutto l’opposto. Come molti di quelli che sono entrati alla Holden negli anni in cui Baricco era cool, io amavo i suoi romanzi. Come molti di coloro che sono usciti da quella scuola, non l’ho più considerato molto cool, per dirla in modo gentile.
Quindi ho rimuginato a lungo sull’opportunità o meno di includere questo libro nella mia inutile lista, e alla fine non ho potuto esimermi.
Perché – notizia non proprio fresca – stiamo vivendo una rivoluzione spettacolare della nostra società. Una rivoluzione non tanto digitale quanto mentale.
E sì, un giovane copywriter deve saper scrivere, e anche bene, ma allo stesso tempo deve confrontarsi con paradigmi e strutture più complesse di quanto i clienti, e spesso anche le agenzie, abbiano mai affrontato e possano davvero comprendere.
Nuovi mercati, nuovi comportamenti, nuove domande.
Bene, The Game non è nient’altro che questo. Una mappa, uno scheletro, uno scavo archeologico. L’evoluzione, anzi l’esplosione di queste nuove strutture ridotta al grado zero, senza ridondanze o pregiudizi.
Quello che Baricco ci offre è un sentiero per orientarsi in tanta complessità, tracciato con intelligenza, sguardo lucido, parole semplici e una punta di supponenza e vanità (chiedo venia, i vecchi fantasmi abitano ancora qui.)
Ma al di là delle mie personali idiosincrasie, leggetelo. Che siate giovani creativi o ex giovani creativi, copy digital, social, neutral, retrò o avantgarde.
Vi prometto che il prossimo brief “integrato” lo guarderete con occhi nuovi.
9. Jeffrey Eugenides – Middlesex
Parlando di rivoluzioni, non è una novità che gli ultimi anni, dal movimento Me Too alle leggi per il riconoscimento dei diritti lgbtq (forse ci sono ancora delle consonanti, ma non le ricordo) siano stati un vero e proprio detonatore culturale di libertà, accettazione e diversity.
Parallelamente sono aumentate le campagne di comunicazione e, prima di loro, i brief sui tavoli dei poveri copywriter.
Purtroppo, però, non esiste ancora nessun manuale che offra regole o suggerimenti specifici su come affrontare certe tematiche in comunicazione.
Ovviamente non ho una soluzione, ma di solito conoscere “l’avversario” (inteso come avversario metaforico, sia chiaro) aiuta sempre, e più a fondo lo si conosce più ne si comprendono esigenze, desideri, stati d’animo. E a quel punto forse la comunicazione funziona.
Nella mia limitata esperienza non ho trovato nessun testo che sapesse indagare così a fondo, con così tanta sensibilità e ricchezza, il tema del crossing e della diversità come Middlesex.
Scritto nel 2003, con sorprendente anticipo rispetto al nostro orizzonte culturale, questo romanzo di formazione racconta la storia di un ermafrodito, nato e vissuto come bambina prima di scoprire la propria vera natura e affrontare la transizione, non senza violente battaglie.
Ma la straordinaria intimità che Eugenides è capace di generare attraverso la scrittura ci porta a scoprire sfumature di pensiero che mai avremmo considerato. Gli sguardi di Calliope/Cal su chi e cosa la circondano mettono a nudo molti dei nostri pregiudizi e smantellano molte delle teorie (ufficiali o da bar) attraverso cui giudichiamo la diversità.
Praticamente, al prezzo di un premio Pulitzer, con Middlesex avrete anche una miniera di insight.
10. Voltaire – Candido, ovvero l’ottimismo
Immagino già la vostra faccia con gli occhi all’insù e la vostra domanda. Cosa ci fa Voltaire (e soprattutto l’ottimismo) sul comodino di un copywriter? Perché mai dovrei leggere un pallosissimo libro del ‘700, io che scrivo al massimo un radio da 30 secondi nel 2020?
Per due ottimi motivi: in primis è tutto fuorché palloso. Chi dice che è palloso non l’ha mai letto. Per darvi un’idea, Voltaire era una via di mezzo tra Mick Jagger e Micheal Moore, amava le donne, amava litigare, amava creare scandalo e amava farsi dei nemici.
E nel suo libricino più famoso, lungo non più di 150 pagine, è riuscito ad infilare così tante storie rocambolesche, spassose, piene di uccisioni, pestaggi, fughe, inganni, pericoli scampati e incantesimi da fare invidia a Rambo, Indiana Jones e Sette anni in Tibet. Non era esattamente quello che vi aspettavate, dite la verità.
Ecco, leggendo questa travolgente storia, la prossima volta saprete che le vie della creatività sono infinite, perché stanno tutte nella nostra immaginazione. E tutto, ma proprio tutto, anche il personaggio che avete creato per vendere biscotti, può diventare un personaggio tragico o comico, vivere una storia d’amore in 30 secondi ma anche il suo contrario.
Sempre a patto che non abbiate paura di tuffarvi e giocare.
Ah, quasi dimenticavo il secondo motivo, che in realtà risiede nella frase più famosa del libro, e che ci ricorda in cosa consista in fondo il nostro mestiere.
“Ben detto” rispose Candide “ma dobbiamo coltivare il nostro orto.”
Al di là della grandezza a cui aspiriamo, dei paroloni di cui troppo spesso ci riempiamo la bocca e dell’allure di artisti che ci portiamo dietro, noi siamo sempre, prima di tutto, artigiani.
E come tali non dobbiamo mai smettere di coltivare il nostro orto.
Ecco, questa mi sembra una bella frase, quando penso al nostro mestiere, e un ottimo consiglio per ogni copywriter.