Anche tutelare il nostro lavoro è un atto politico
Leggo l’appassionato appello di Mirko Pallera e lo inquadro tra i fermenti e i segni di risveglio dell’ultimo periodo.
Segni che sembrano indicare come anche all’interno della mia categoria professionale (creativi pubblicitari) alcune persone stiano ricordandosi di una semplice verità espressa da Gandhi:
« In democrazia nessun fatto di vita si sottrae alla politica »
Mirko Pallera si domanda: perché la Bellezza che è stata così importante per la cultura occidentale, e in particolare per quella del nostro Paese, è oggi scomparsa?
Parafrasando Bill Bernbach, definito da Pasquale Barbella “padre spirituale dei pubblicitari più pensosi”, mi viene da rispondere che anche noi creativi pubblicitari abbiamo ucciso la Bellezza. Noi che con il nostro mestiere abbiamo usato i mass media per rendere la società più volgare e più triviale. L’abbiamo aiutata a scendere parecchi gradini, arrivando in fondo alla scala del buon gusto.
Oh, certo, noi dell’Art Directors Club Italiano siamo i migliori e abbiamo continuato a fissare uno standard verso l’alto, pubblicando 25 annual pieni di ottimi lavori. Ma non è stato abbastanza. Abbiamo detto tutti troppi “sì, si può fare”, quando non era giusto. Siamo stati conniventi per rassegnazione, talvolta per snobismo intellettuale, altre volte limitandoci a cercare una sorta di redenzione in quelle masturbazioni intellettuali che gli addetti chiamano fake. Vale a dire quegli annunci fatti per piacere alle giurie dei premi più importanti. I fake e i premi forgiano sicuramente un portfolio e un cv, non la società.
Di conseguenza, noi che siamo i migliori, siamo anche i più responsabili tra tutti i pubblicitari. Proprio perché “i migliori”. La nostra passiva connivenza, lo spreco del nostro talento, il nostro non esserci battuti a sufficienza sono i capi d’imputazione.
E quando persino dei politici si sono improvvisati “creativi”, producendo orrori come la campagna contro la droga o “magic Italy”, anziché venirci in mente di produrre una plateale protesta abbiamo quasi tutti taciuto (non illudiamoci che qualche mugugno nello status facebook abbia grande eco mediatica).
Nel mio blog personale scrissi un post lievemente sarcastico sulla campagna contro la droga, “Senatore Giovanardi: Cialtrone o Ideatore“. Un commentatore mi fece notare che “Forse non è giusto (intendo strategicamente) che il Presidente dell’ADCI prenda una posizione così netta contro Giovanardi”.
Io penso che prima di accogliere in toto un invito come quello di Pallera, noi si debba tornare a essere una CATEGORIA AUTOREVOLE. Oggi non lo siamo, per le colpe che ho già evidenziato.
Possiamo tornare a esserlo, facendo quello che dovremmo saper fare. Comunicare bene. Ricordandoci che tutti noi che per mestiere abbiamo accesso ai media, possiamo contribuire a forgiare la società diffondendo bellezza, valori positivi. Possiamo aiutare la società italiana a risalire tutti i gradini discesi negli ultimi 25 anni.
Stampiamo il Manifesto Deontologico Adci
manifesto deontologico firme e new logo e mettiamolo nelle sala riunioni. Mettiamolo nei nostri uffici e facciamolo leggere a chi ci chiede “più gnocca”, più stupidità, meno Bellezza.
Condividiamolo con i nostri clienti.
Aiutiamo lo Iap (Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria). Non vaneggiamo di chiuderlo.
Battiamoci quotidianamente contro chi toglie credibilità al nostro lavoro partecipando alle gare gratis (vale nel Pubblico e vale nel Privato). Contro chi chiede fee inadeguati e per essere competitivo paga i creativi da 80 centesimi a 5 euro netti all’ora, facendo di conseguenza scappare i giovani talenti, vale a dire il futuro della nostra professione. I vecchi (over 40) sono già stati falcidiati.
Sì, possiamo essere tra gli artefici del rinnovamento del Paese, ma solo se difenderemo il nostro ruolo e il nostro mestiere.
Cominciamo da questo, sarebbe già molto.
Oggi non vedo la concreta possibilità di entrare all’interno degli organigrammi istituzionali. Non ne abbiamo la credibilità. Ed è giusto che sia così. Oggi.