Meet the story guru: John Lasseter a Milano.
di Massimo Gnocchi
La serata comincia con una ressa pazzesca all’entrata, ci sono centinaia di persone che spingono per passare attraverso una piccola porta, l’essersi accreditati prima risulta inutile, tanto non puoi attraversare la folla. Nel pigia pigia noti subito chi durante i concerti è abituato a stare sotto il palco e chi sulle gradinate. Inutile dire che i primi, tra cui il sottoscritto, hanno la meglio e raggiungono l’agognata poltroncina.
Sgradita sorpresa il saluto d’apertura di Formigoni, che fortunatamente si limita a uno strampalato collegamento tra le pitture rupestri e i render CGI, per poi tornare a fossilizzarsi in prima fila.
Comincia John.
Divide l’intervento in due parti: la sua carriera, il percorso creativo Pixar.
Per raccontare la sua carriera, che non sto a ripercorrere, utilizza tre video.
Nitemare (scritto errato), il suo primo corto animato del 1979 quando era alla Walt Disney. Nel bambino che a letto, con il suo orsacchiotto, accende e spegne in continuazione la luce perché è spaventato dagli oggetti che nel buio si trasformano in mostri c’è già la poetica di Lasseter, oltre a un foreshadowing di Monster&Co di vent’anni dopo.
Luxo Jr, il primo corto Pixar, quello che ha aperto la frontiera dell’animazione digitale. Lasseter racconta che lo presentò al SIGGRAPH di Dallas nel 1986, terrorizzato che gli avrebbero chiesto di approfondire le problematiche tecniche della realizzazione, di cui lui sapeva ben poco. Invece, la domanda che gli rivolse uno dei massimi esperti di computer grafica di allora fu: “John, ma la lampada adulta, è la mamma o il papà?”. Da quel momento Lasseter focalizza definitivamente l’importanza della storia e dell’emozione rispetto alla tecnica, con la seconda al servizio della prima e mai viceversa.
Knick Knack del 1989 su cui non si sofferma.
Poi passa al processo creativo Pixar, che riassume in tre passaggi.
La storia, che naturalmente deve essere originale e sorprendente.
Come case history presenta Toy Story e mostra il video in cui uno dei disegnatori (lui chiamerà sempre artisti tutti quelli che lavorano in Pixar, indipendentemente dal ruolo tecnico) fa il pitch della sequenza dei soldatini iniziale utilizzando uno storyboard appeso alla parete. La successiva comparazione alla sequenza realizzata dimostra la straordinaria fedeltà allo storyboard iniziale. Lo storyboard lo trovate alla mostra di Milano.
John specifica che il punto di vista della storia è quello del bambino che eravamo, per cui quei soldatini che in realtà facevano schifo, in plastica dozzinale con particolari approssimativi, diventavano imbattibili corpi d’elite.
I personaggi, che devono essere attraenti.
L’attraenza è un elemento che Lasseter sottolinea spesso. Le case histories sono Woody (Toy story), Hopper (Bug’s life) e Edna (Gli Incredibili) che rivela essere il suo personaggio preferito.
Il mondo di riferimento, che deve essere credibile.
Case history: la fabbrica di Monster&Co, che nasce ispirandosi alle grandi acciaierie di Pittstburgh degli anni ’50.
Poi John ha fatto una breve analisi dell’utilizzo del colore, per sottolineare l’equazione emozione = colore + luce. Case histories: la prima sequenza di Nemo, con i colori completamente spenti e Wall-e, in cui la cartella colori è poverissima, a rappresentare un mondo elementare, senza nulla, in cui poi irromperanno gli occhioni blu di Eve a dare il via a una straordinaria storia d’amore.
Come avrete capito il buon vecchio John non ha detto molto di nuovo e la mostra sarà sicuramente più interessante. Però quando sono uscito avevo già in mente tre corti da scrivere. Sarà un caso…
L’evento con John Lasseter si è svolto il 21 novembre 2011 al Teatro dal Verme di Milano all’interno degli incontri con personalità dei nuovi media di Meet the Media Guru organizzati da MGM Digital Communication.
L’immagine è tratta dal sito Meet the Media Guru.
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