Senza chiedere il permesso
Entra in vigore, senza chiedere il permesso, la delibera che regola anche il contenuto delle affissioni, a Roma.
Lo scopo è arginare la mortificazione della donna (corpo e mente).
Ovviamente fioccano i soliti “son ben altri i problemi” e “lo fanno per visibilità personale” (riferiti a Laura Boldrini e Ignazio Marino).
Il tema dovrebbe invece essere: il problema c’è? questa è una soluzione?
Parto dalla prima parte: il problema c’è?
c’è una relazione tra la violenza sulle donne e il modo in cui il sistema dei media le racconta?
“È ampiamente dimostrato che il modo in cui descriviamo le cose (e le persone) influenza il modo in cui quelle cose (e persone) possono essere percepite, ricordate, o pensate.”
(Darley, Glucksberg e Kinchla “Fondamenti di Psicologia” – il Mulino 1983)
È violenza anche ostacolare il pieno sviluppo della persona (di un genere)
permettendo il perpetuarsi di stereotipi che imprigionano le donne in ruoli limitanti.
Da questo punto di vista i colpevoli abbondano, in Italia.
Lo raccontavo due anni fa, nella relazione “trent’anni dalla parte del torto marcio”
E tra i colpevoli c’è sicuramente anche la pubblicità.
L’articolo 1 del Codice di Autodisciplina Pubblicitaria afferma:
“la comunicazione commerciale deve essere onesta, veritiera e corretta. Essa deve evitare tutto ciò che possa screditarla”.
Ma, e l’ho già scritto nella ricerca come la pubblicità racconta le donne e gli uomini in Italia, la rappresentazione della donna nel dicembre 2013 (e anche nei mesi precedenti) è stata complessivamente scorretta. Non è stata veritiera. Non rispecchia la società.
L’81.27% delle donne mostrate dalle pubblicità monitorate sono state raccontate in chiave fisica e seduttiva. Un gran bell’oggettino. (“modelle”, “grechine”, “ sessualmente disponibili”, “manichini”, “ragazze interrotte”, e “preorgasmiche”.)
Nello stesso periodo, Il 66% degli investimenti pubblicitari destinati alla rappresentazione dell’uomo l’hanno raccontato come professionista. Un essere umano.
Eppure da oltre vent’anni le donne si laureano più, prima e meglio degli uomini (Fonte Miur)
Secondo l’articolo 3 della Costituzione, abbiamo tutti pari dignità sociale. Sia i maschietti sia le femminucce.
Ed è compito della Repubblica rimuovere anche quegli ostacoli di ordine sociale che, limitando di fatto l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana.
In soldoni: raccontare le donne essenzialmente come begli oggettini erotici crea questa (unica) percezione di loro. Una percezione che si traduce poi in stipendi mediamente più bassi, quando va bene. In aggressioni di vario tipo, quando va peggio.
Dopo il famigerato ventennio (1994-2014), in cui persino un premier ha dato il suo contributo ad alimentare percezioni cognitivamente inquinanti, finalmente arrivano segnali e fatti diversi dalla terza carica dello Stato. È un bene.
Delibere e leggi possono risolvere il problema?
Non da sole. Serve l’impegno quotidiano di creativi pubblicitari e delle donne e uomini di marketing. Che i migliori si distinguano e facciano scuola.
Lo scopo del nostro lavoro è caratterizzare e rendere riconoscibile la marca. Non confonderla in ammucchiate eticamente discutibili.
(Quando avete dubbi date un’occhiata al Manifesto Deontologico dell’Art Directors Club Italiano. Non lo abbiamo scritto solo per i nostri Soci. Lo abbiamo scritto per tutti gli addetti)
Soprattutto può essere utile la spinta degli utenti, dei destinatari dei messaggi pubblicitari.
Almeno di quella porzione a cui la cultura ha dato gli strumenti critici per “filtrare” la loro relazione con i media.
Da questo punto di vista vorrei ricordare l’enorme lavoro che da anni svolge Lorella Zanardo
portando strumenti di educazione all’immagine, nelle scuole italiane.
Quando qualche imbecille, o persona in malafede, mi accusa di occuparmi di certi temi per cercare visibilità personale, penso al lavoro di Lorella Zanardo e a una frase del suo libro senza chiedere il permesso:
“Non aspettate, ragazzi. Non attendete istruzioni, ragazze, perché non arriveranno o forse arriveranno troppo tardi, e il tempo è prezioso. Alcuni tra noi adulti vi daranno una mano, il tempo necessario per costruire ponti sulle macerie prodotte dai crolli di questo mondo in disarmo. Voi percorreteli. Poi sarà ora. Non attendete oltre. Tocca a voi. Senza chiedere il permesso.”
C’è una parte di noi adulti, ex ragazze e ragazzi degli anni ’70 del secolo scorso, che sente il dovere morale di aiutare i ragazzi di oggi a costruire ponti sulle attuali macerie (morali e valoriali).
Per visibilità personale? No, per non sentirci conniventi.