Postato il Gio 22 Giu 2017 da in ADCI StrategyGoogleThink with ADCI

Think with ADCI – YouTube, Your Pop.

Continua l’appuntamento con Think with ADCI, la rubrica nata dalla partnership tra il nostro Club e Think with Google.

Mentre probabilmente stai guardando in streaming su YouTube il Festival di Cannes, noi oggi parliamo – rullo di tamburi – proprio di YouTube, perché il contenuto è importante, ma senza contenitore non te ne fai granché, no?

Come avrà intuito ormai anche la persona più lontana dal concetto di “early adopter” (io, per esempio), la piattaforma di hosting video di Google è diventata un punto fermo all’interno del nostro sistema culturale e valoriale.

È inutile girarci troppo intorno: YouTube ha cambiato radicalmente la cultura pop, anzi, l’ha completamente reinventata.

Se mi avessero proposto, guardando il primo video nella storia di YouTube, di scommettere sul successo o il fallimento della piattaforma, avrei perso miseramente i miei denari.

Ma ti sei mai chiesto quale strada abbia portato YouTube dal video di un tizio allo zoo fino a diventare il punto di riferimento in cui tutti cercano ispirazione e informazioni per farsi un’idea di dove sta andando il mondo? Per capirlo devi analizzare il fenomeno da più punti di vista, in modo da comprenderne la complessità e i fattori che ne determinano il successo ogni santo giorno. Partiamo da un primo assunto: quando il tuo pubblico potenziale è l’intero pianeta, c’è la concreta possibilità che i tuoi contenuti possano risultare rilevanti per qualcuno, da qualche parte. Questo ha dato vita al fenomeno che Kevin Allocca, Head of Culture & Trends di YouTube, chiama delle nicchie di massa, vale a dire tutti quei fan dei contenuti più disparati e settoriali, che a seconda della tipologia possono contare numeri grandi, grandissimi o mastodontici. Dagli appassionati di bricolage estremo ai (più o meno) buongustai che aspettano la nuova puntata di Epic Meal Time, i pubblici che possono aver voglia di seguirti sono tantissimi. Basta (quasi) solo raggiungerli. 

Certo è però che la rivoluzione culturale di YouTube non la puoi considerare conclusa qui. Un ruolo altrettanto fondamentale e complementare ce l’ha anche l’elemento chiave alla base di ogni community, virtuale e non: l’interazione. YouTube è, per sua stessa definizione, un ambiente in cui la creatività vive grazie all’interazione. Io vedo il tuo video, ne parlo con la mia amica, che ne parla con un suo amico e, insieme, ne fanno una versione fuori di testa che diventa un cult. E se, per seguire l’esempio, tu sei un ballerino filippino e quell’amica con cui ne ho parlato è, ne dico una, Beyoncé* che decide di farne un video spettacolare, ti rendi conto benissimo che YouTube sta cambiando la percezione della cultura pop anche agli occhi di chi quella stessa cultura la crea ogni giorno.

Last but not least, ti ricordi qual è il payoff di YouTube? Esatto, Broadcast Yourself.

 

È proprio questo invito, tanto semplice quanto audace, che ci porta ad affrontare l’ultimo aspetto della faccenda. Su YouTube, in pratica, metti in scena te stesso, che sia la parte che preferisci o quella che odi di più non ha importanza. Quello che conta è che qualunque sia la porzione di mondo che ci offri attraverso il tuo video, sarà sempre filtrata dalle tue esperienze individuali, che andranno così a incontrarsi o scontrarsi con quelle degli altri utenti, dando vita ai fenomeni più disparati: da conversazioni infinite che si perdono nei meandri di pagine e pagine di commenti, alla creazione di format innovativi e capaci di superare barriere all’apparenza insormontabili. Vuoi un esempio? Visto che a Cannes si sta già facendo notare, è facile che tu conosca già la storia di questa ragazza che ha creato un talk show in cui intervista un sacco di persone famose nonostante un suo non esattamente trascurabile problema: è affetta da autismo.

Se vuoi sapere qualcosa in più di ciò che Google ha da dirti su YouTube, leggi direttamente l’articolo di Kevin Allocca qui.

*Nel caso te lo fossi chiesto no, non conosco davvero Beyoncé né credo la conoscerò mai. Ma una volta ho visto James Brown in aeroporto a Catania.