Postato il Dom 30 Giu 2013 da in Riflessioni

Il problema non è l’idea. Il problema è realizzarla.

Ebbe l’idea di usare la non violenza come arma politica.

Qui Andrea Concato parla, con grande competenza, di idee e della loro centralità nella comunicazione.

Le idee sono importanti, però a mio parere i creativi italiani devono prendere atto di un problema più importante: realizzarle. Avere l’idea non è sufficiente, e pensare che avere l’idea sia tutto, forse è consolatorio. Il problema vero è realizzarla.

Avere idee geniali è relativamente facile. Inoltre, spesso, finché non sono realizzate, anche le idee geniali non sempre sembrano geniali. Basta rileggere l’elenco fatto dallo stesso Andrea:

  • “Perché non associamo Intel Inside alla bellezza interiore?
  • Perché non raccontiamo una storia sugli incidenti stupidi cantando?
  • Perché non facciamo dei video con persone down che chiedono un video a persone famose?
  • Perché non connettiamo la birra al job search giovanile?
  • Perché non mostriamo persone che nelle vetrine si vedono più giovani di come sono?”

Presentate così, chi le comprerebbe? Chi le premierebbe?

La risposta la dà lo stesso Andrea, subito dopo le sue domande: “Da quel momento si mette in moto il team, che arricchirà, completerà, valorizzerà, renderà vera, renderà possibile, renderà magica quell’idea iniziale. Oggi i progetti di comunicazione sono operazioni complesse. Occupano ogni punto dell’immenso spazio che si è fortunatamente dilatato fra marche e persone. Lo si vede con evidenza dai tempi delle presentazioni. Fino a dieci anni fa potevi presentare la campagna al board in mezz’ora. Oggi si fa fatica a stare nelle due ore. Le operazioni complesse richiedono team complessi, poli e ultra specializzati.”

Il problema vero della creatività pubblicitaria italiana è il gioco di squadra che segue la nascita dell’idea. Il problema è l’apertura mentale e la disponibilità a sperimentare, anche sbagliando. Gioco di squadra e sperimentazione sui quali, normalmente, in Italia siamo grandemente deficitari, per tanti motivi, fra cui una spiccata cultura dell’individualismo e dell’improvvisazione senza metodo.

Una delle storie consolatorie della tradizione italiana è quella di Antonio Meucci, il geniale inventore del telefono umiliato dall’americano spietato e affarista. In realtà, avuta l’idea (insieme a diversi altri inventori indipendenti, perché l’invenzione era già nell’aria), Meucci non riuscì ad organizzare l’azienda, forse per sfortuna, forse per mancanza di capacità e capitali. Alexander Graham Bell invece ci riuscì.

È consolatorio pensare che, anche nel caso del telefono, tutto fosse nell’idea. Ma il mondo non stava mica lì ad aspettare il telefono. Per alcuni anni, dopo la sua invenzione, la gente non capiva bene a cosa servisse: il telegrafo era considerato una tecnologia molto superiore e più pratica. Ci vollero anni perché il telefono si diffondesse: non bastava inventarlo, occorreva anche installarne migliaia in ogni città, e organizzare un servizio intorno ad esso[1].

Lo stesso discorso vale per il telegrafo: dall’idea alle prime sperimentazioni passarono dieci anni. La stampa a caratteri mobili: ci vollero cinquant’anni perché si diffondesse in Europa. E, lungi dal salutare Gutenberg come il genio rivoluzionario che era, i contemporanei consideravano i libri stampati “brutti” e “inferiori” rispetto ai codici miniati. Oltre che pericolosi per la morale, sovversivi politicamente, pericolosi per il buon costume.

Nella storia politica del secolo scorso Gandhi ebbe l’idea di usare la non violenza come arma politica. Decisamente originale, nel secolo di due Guerre Mondiali e della bomba atomica. Winston Churchill, che di lotta politica se ne intendeva, considerava Gandhi uno straccione. È evidente che Churchill, con tutta la sua autorevolezza, aveva giudicato male le idee di Gandhi. Ma se Gandhi non avesse tramutato l’idea in azione?

Lo stesso vale nel mondo della creatività e dell’arte: quanti sono i progetti di artisti, scrittori e registi che, rifiutati per anni da cento mercanti, editori, produttori, poi quando vedono la luce hanno sorprendentemente successo? Ma per avere successo, idee come Il Gattopardo, Ulysses o Nightmare Before Christmas prima devono vedere la luce.

L’idea è importante. Ma per far nascere un bambino ci vogliono nove mesi. Non basta uno spermatozoo: è indispensabile, certamente utile, ma di solito non è sufficiente.

[1] Tra l’altro – nota polemica verso le nostre classi dirigenti, sempre anziane, esperte e navigate – è utile precisare che l’Italia, per numero di linee telefoniche installate, fu per decenni il fanalino di coda dell’Europa, come oggi è alla retroguardia nella diffusione di Internet. Meucci andava bene per la propaganda anti-americana del fascismo e per gli sceneggiati Rai consolatori del dopoguerra, ma la diffusione della sua invenzione non fu facilitata o incoraggiata in Italia, prima per motivi politici, poi tenendo elevati i costi. Questo a proposito di come, in Italia, quelli che decidono favoriscono le idee nuove.

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