Postato il Ven 10 Mag 2013 da in Riflessioni

Femminicidio: facciamo valere quell’1.5% di dna che ci differenzia dagli scimmioni.

Nella Adci-List sono girate alcune email interessanti sulla questione femminicidio, innescate da un post di Gianni Lombardi, “Femminicidio”: forse più un problema di età che di genere.

Sono molto d’accordo con la riflessione di Antonella Meoli, che riprendo, pressoché integralmente.

…Che il femminicidio non costituisca un problema sociale solo perché si muore più facilmente sulle strisce pedonali, mi pare altrettanto cinico e molto miope.
Vuol dire non capire che è la punta di un iceberg fatto di stupri, molestie, botte, intimidazioni. Vuol dire non sapere che una percentuale prossima al 100% delle donne ha subito almeno una volta nella vita una molestia, un apprezzamento sgradevole, uno schiaffo, un ricatto sessuale, una discriminazione di genere.

Anche i morti per mafia sono meno delle persone investite per strada. E in fondo Falcone e Borsellino erano solo lo zeroqualcosapercento dei giudici italiani. Ma non per questo la mafia non è un fenomeno e un’emergenza sociale.
E lo scimpanzè differisce dall’uomo per un misero 1,5% del suo DNA. Ma non è forse rilevante quella differenza?

Vogliamo davvero parlare solo in termini quantitativi dei fenomeni?
Ebbene, ecco i dati: in Italia lavora solo il 46% delle donne. I tassi di disoccupazione femminile sono altissimi e tuttavia non attendibili perché non includono tutte quelle che ormai neanche ci provano a cercare lavoro.
E lavoro significa emancipazione, libertà, indipendenza. Significa anche potersi affrancare da un uomo che ci tradisce o ci picchia o ci sottomette.
Un altro dato: l’Italia è 80esima su 135 paesi nel Global Gender Gap Index, l’indice che misura le disparità di genere.

Qui troverete anche altri dati e considerazioni interessanti :
http://27esimaora.corriere.it/articolo/la-crescita-piu-donne-che-lavorano-e-tanti-figli/

Cosa c’entrano questi dati con il femminicidio? C’entrano, c’entrano.