Postato il Mar 26 Mar 2013 da in La vita del ClubRiflessioni

Un punto di vista esterno sull’incontro “Fermiamo l’inquinamento cognitivo”.

Ricevo e posto questo resoconto scritto da Paolo Rumi sull’incontro di ieri sera “fermiamo l’inquinamento cognitivo“.

L’esito del sondaggio condotto dall’Istituto Piepoli, “una pubblicità migliore o peggiore di 10 anni fa?”, lo potete scaricare QUI

25 marzo 2013, ore 18.30. Palazzina Liberty, Milano.
Viene presentato il volume “L’austerità creativa nella comunicazione di oggi”. Quello che doveva essere l’annual 2013 dell’Art Directors Club- generalmente una raccolta di premi e riconoscimenti riservata ad esclusivo uso professionale*- diventa quest’anno occasione per riflettere sul valore (e l’impegno necessario) della pubblicità a riqualificarsi come motore dell’economia e della società. L’editore Skira e l’Art Directors Club Italiano hanno proposto un incontro . Di seguito riporto quel che ricordo di aver sentito come promemoria mio e per chi avrebbe voluto ma non sapeva o non ha potuto essere.

Massimo Guastini (ADCI e moderatore). Diceva Flaiano “vedremo tra 30 anni l’Italia cambiata, e non per come l’ha trasformata la Politica ma la Televisione”. Oggi abbiamo i risultati davanti a noi. Qualcosa è andato male. E non abbiamo altri 30 da perdere davanti a noi.

Paolo Ferrara (Terre des Hommes). Da rilevazioni fatte nelle scuole i bambini non percepiscono la violenza domestica come qualcosa che avviene nelle famiglie “normali”. C’entra la droga o il degrado. Non esiste altra famiglia che quella felice. E comunque “se un uomo picchia una donna è perché la donna qualcosa avrà fatto e deve averlo provocato” (!!!) e “il ruolo naturale della donna è cucinare e rigovernare la casa, quello dell’uomo comandare” (!!!).

Massimo Guastini (ADCI e moderatore). Aldo Grasso disse nel 97 che la pubblicità era meglio dei programmi che la ospitavano. Ora non è più così. Com’è?

Nicola Piepoli (Istituto Piepoli): Dal 30 al 40% dice che è peggiorata negli ultimi 10 anni.

Pasquale Barbella. Questo è preoccupante, ma per le ragioni opposte a quelle dei numeri. E’ preoccupante che non sia il 90% a notare il peggioramento, è un segnale di deterioramento della percezione. Negli anni 80 sarebbe stata molto più alta la percentuale “fortemente critica” verso la pubblicità (giustamente perché essendo un’invasione pretendono sia buona e dia almeno qualcosa in cambio).

Nicola Piepoli. Siamo in una situazione simile alla ricostruzione dopo i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale. Non si potrà recuperare quel che c’era prima ma si potrà dare nuovo uso e funzionalità a quel che resta, come ho fatto io dagli anni ’50 in poi col terrazzo semidistrutto di una casa bombardata.

Annamaria Testa. Tra analfabetismo reale e analfabetismo di ritorno (indotto dalla TV) quasi il 70% degl’italiani ha difficoltà nel costruire frasi a consecuzione logica come “il giatto miagola probabilmente perché ha fame” (sono gli studi di Tullio De Mauro)

Lorella Zanardo (attivista, blogger, autrice de “Il corpo delle donne” (video) e “Senza chiedere il permesso” (libro, ed. Feltrinelli). Occorre una legge sul conflitto d’interessi subito. E un’educazione all’analisi e decodifica della scrittura video come chiedono i ragazzi delle scuole medie inferiori e superiori. Chiedono anche modelli perché oltre a quelli delle veline e dell’arroganza non ne vedono. I ragazzi pensano per immagini ma non conoscono -se non per intuizione o autoapprendimento- la grammatica visiva. All’estero questo tipo di materia è già parte dell’insegnamento scolastico, ma in Italia tutto è delegato al volontariato e alla buona volontà della singola scuola (ad eccezione della Toscana).

Ho spento la TV per anni nelle pause italiane del mio lavoro all’estero. Non mi piaceva. Poi un giorno ho smesso di spegnerla, e da quel giorno è cambiato tutto.

Non ha senso dire “io la TV non la guardo”, salvo lasciarne la produzione nelle mani di lestofanti. Abbiamo il diritto ad avere una televisione buona. Con il programma “Non è mai troppo tardi”, Alberto Manzi negli anni ’60 portò ben 1 milione di cittadini – grazie alla televisione povera dell’epoca- a conquistare la Licenza Elementare.

Sono felice che mi abbiate invitato perché finora c’era una frattura tra il mio impegno che poteva sembrare –a uno sguardo superficiale- moralismo. Ma sono un ex direttore marketing Unilever, ho lavorato con la pubblicità e la comunicazione per anni e il mio impegno contro il sessismo con il moralismo non ha nulla a che fare.

Annamaria Testa: In pubblicità non servono più scandali e provocazioni. La nuova frontiera è costruire un nuovo immaginario positivo collettivo per l’Italia. E occorre convincere le aziende del valore della comunicazione. Per questo occorre una maggior responsabilità della pubblicità. (1) Verso il prodotto e la diversificazione delal sua comunicazione (2) verso le buone regole per comunicarlo (3) verso quel che si manda in giro nella società.

Possediamo una competenza artigianale complessa e dobbiamo mostrarlo con tutta la sua ricchezza.

“La pubblicità non serve a niente” è una scemenza. Se non servisse, non genererebbe un giro d’investimenti miliardario. Il problema è semmai perché le aziende accettino di omologare la comunicazione fino a farla apparire tutta uguale. Ed è nostra sfida convincerle a fare il contrario per segnalarsi. Le pubblicità food –ad esempio- non possono avere tutte la stessa donna, la stessa famiglia, la stessa cucina, le stesse pentole e lo stesso mestolo. Questo è semplicemente un cattivo investimento.

Signora rappresentante dell’osservatorio sulla discriminazione in pubblicità: Volgarità e inquinamento cognitivo non sono solo legati alla ruolizzazione e discriminazione delle donne, ma anche -così facendo- alla ridicolizzazione e riduzione del ruolo del maschio. Inoltre un grande problema è l’omofobia, o il degrado della rappresentazione dello stile di vita omosessuale, spesso indotta da omosessuali stessi come gli stilisti Dolce&Gabbana.

Till Neuburg (ADCI). L’Italia è un paese meraviglioso che si qualifica per Paesaggio, Cultura e Arte, Artigianato, Cibo. E tutti con una diversificazione per regione o città unica al mondo. (segue un elenco degli ultimi 5 Ministri della Cultura Italiani e del loro operato: praticamente 4 dementi o delinquenti, a seconda dei punti di vista. Tristezza vera.)

Lorella Zanardo: La sfida più difficile è non smettere d’immaginare, immaginare un Paese migliore, che molto spesso è quella che abbiamo davanti e va solo valorizzato.

* Mi ha fatto effetto vedere tanta intelligenza progettuale e contributi così diversi, insieme. Mi faceva effetto vedere presenti in sala –oltre ai relatori, ossia persone privilegiate che hanno avuto la fortuna di vedere altre ere della comunicazione- alcuni giovani (studenti delle scuole di comunicazione?) e molti giornalisti o rappresentanti di associazioni sulla qualità in Comunicazione. Ma ahimè non ho visto NESSUNO O QUASI DEI PUBBLICITARI ATTIVI ORA sul mercato (nonostante il loro Club sia promotore dell’incontro e coeditore del libro). Troppo impegnati a far quadrare i bilanci, magari con le brutte campagne criticate nel convegno? O forse semplicemente perché ieri sera non si distribuivano onori e premi? Io c’ero ma, per la cronaca, sono disoccupato anche se non capisco il perché. O forse -anche grazie ad ieri sera- capisco, il che è ancora peggio.

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