Postato il Lun 11 Giu 2018 da in La vita del Club

I miei primi colloqui/Pagina 1: Sandro Baldoni.

Iniziamo con Sandro Baldoni, co-fondatore dell’ADCI nel lontano 1985 e direttore creativo e founder de LeBalene.

Ciao Sandro, ci racconteresti i tuoi primi colloqui?

Il mio primo colloquio è stato in JW Thompson. Ero appena sceso a Milano dall’alta montagna Umbra. Arrivo al piano alto di un palazzo del centro, entro in un gigantesco atrio tutto vetrate. Non vedo la porta a vetri perfettamente trasparente che sbarra il secondo corridoio, do una capocciata al doppio vetro. Dall’altra parte, tutti a ridere. Non so se andarmene o restare. Arriva in mio soccorso una receptionist con gli occhi verdi, che trattiene a stento le risa. Decido di restare. Faccio mezz’ora di anticamera tamponandomi il naso col fazzoletto e poi arriva uno con un foulard intorno al collo e gli occhiali scuri anche se fuori era buio. Mi chiede un po’ di cose, ma si vede che pensa ad altro e continua riannodarsi il foulard. Non vedo l’ora di andarmene. Sempre diffidare delle vetrate e dei foulard.

Chi erano i tuoi “guru”? Cosa ti hanno detto?

Non avevo guru. Più che altro dovevo mantenermi, volevo tirare su un po’ di soldi e sarei andato a lavorare ovunque. Sapevo poco di pubblicità, ero (sono) ragioniere. Solo che mi piaceva leggere e a scuola ero bravo a fare i temi. Mio fratello Enzo diceva che potevo far il copy e conosceva Pino Pilla, che allora era uno dei più bravi, e me lo fece conoscere. Andai nel suo ufficio. Non parlava, io meno di lui. Mi fece vedere un titolo su cui stava lavorando, per un’agenzia di recruiting: “Il tuo capo ti dice che sei bravo, sveglio e intelligente. Come mai hai un capo?”. Mi chiese un parere. ‘Azz, era bello: pensai che forse in pubblicità si poteva scrivere anche qualcosa di intelligente. Glielo dissi.

Si accese la quinta sigaretta in dieci minuti e mi portò di là a parlare con Emanuele Pirella, il quale dopo un quarto d’ora mi congedò dicendomi che era meglio se avessi provato a fare un altro mestiere. Trovai lavoro in pubblicità (intanto facevo il portiere di notte) solo qualche mese dopo, in CPV, con Marco Vecchia, grande maestro. Lì scoprii che c’era anche un certo Pasquale Barbella, un pugliese che scriveva titoli fulminanti e body copy alla John Fante: di sera presi l’abitudine di andare a scavare nel suo cestino per vedere quello che scriveva. La maggior parte delle cose cestinate erano già pepite d’oro. Da lui (un altro che parlava poco) rubai tutto quel che potevo.

Quando è che ti sei sentita/o onorato/a?

Onorato non lo so, non sono il tipo. Divertito, anche un po’ vendicativamente gratificato, sì: dopo un anno e mezzo ricevo una telefonata di Pirella che mi dice: “Ho sbagliato, voglio assumerti, ti do il doppio di quello che ti danno adesso”. Poco dopo ho comperato la mia prima 500 col tettino che si scoperchiava.

Quando è che ti sei vergognato/a?

Quando ho dato la capocciata al vetro. Dopo non ricordo.

Come era il tuo primo book?

Un po’ unto, me lo fece notare un art director con cui lavoravo, il grande Agostino Reggio. Me lo smacchiò con la trielina. Era una specie di quadernone nero dove avevo appiccicato i vari lavori (allora quasi tutta stampa).

Ci racconti qualche aneddoto su come lo hai costruito? Chi ti ha aiutato.

Il mio primo art era appunto Agostino. Lui aveva più esperienza di me e sapeva come congegnare un portfolio. Trasformò il quadernone in un oggetto di design e razionalizzò la sequenza delle campagne. Lavorammo insieme prima in CPV, poi in GGK e poi appunto con Pirella, all’agenzia Italia. Facevamo belle cose. All’Italia incontrai anche quell’eccelsa testa di Lele Panzeri. In breve tempo tutti e tre facemmo delle grandi campagne. Così, dopo qualche tempo, il portfolio non mi serviva più. I direttori creativi che incontravo conoscevano già il mio lavoro. Me la tiravo anche un po’, avevo 26/27 anni ed ero pirla come si è a quell’età (in genere).

Quali sono gli insegnamenti che hai tratto dai colloqui?

Direi: se hai bisogno di soldi, cresta bassa. Se hai già fatto qualche bella cosa, cresta alta e un po’ di spocchia, serve per alzare il banco. Poi: sii sempre te stesso, parla poco, fai parlare il tuo lavoro.

Grazie Sandro.

Sandro Baldoni. Copywriter di lungo corso, ha lavorato prima in varie agenzie internazionali, poi ha fatto il free-lance con STZ Milano, GGK New York, Leo Burnett Italia e Lurzer/Conrad Francoforte. Nel 1984 ha aperto la sua prima agenzia, la FCA, con Lele Panzeri e Fabrizio Sabbatini. È stato regista e sceneggiatore di quattro film, tra cui Strane Storie, premiato come migliore Opera Prima al Festival di Venezia e La Botta Grossa, Nastro d’Argento come miglior documentario italiano nel 2018. Attualmente è socio delle Balene e cofondatore di Acqua su Marte, spazio di coltivazione delle idee.

“I miei primi colloqui” continua. Se non sai cosa sia leggi qui: https://blog.adci.it/adci/anche-i-grandi-hanno-avuto-un-primo-colloquio-e-alcuni-non-sono-andati-meglio-di-te/

In collaborazione col team di Plural: Marco Diotallevi, Direttore Creativo; Sara Tiano, Art Director; Francesca Lanzilotto, Strategist e Antonella Dente, Social Media Manager.