Postato il Sab 4 Feb 2012 da in La vita del Club

È davvero impossibile essere chiari?


Un giornalista che stimo, Andrea Crocioni, mi ha chiesto un parere sui “pettegolezzi” nati intorno all’assegnazione della comunicazione RTL.
Pensavo di declinare garbatamente l’invito, poi però ho letto per curiosità le varie dichiarazioni, e guardato una video intervista di Monica Lazzarotto a Nicola Belli, CEO di DLV BBDO.
Qualcosa da dire ce l’ho. Più che altro sento che è giusto dirlo:
non riusciamo nemmeno lontanamente a impostare un dibattito responsabile. E questo diventerà il nostro epitaffio.

Pino Rozzi di United 1861, l’agenzia uscente che aveva fatto secondo me un ottimo lavoro, ha dichiarato:

Abbiamo lavorato con loro (RTL) per sette anni, dando un importante contributo al nuovo posizionamento. L’emittente radiofonica ha deciso di lanciare una gara. Noi non pensavamo di meritarci di essere messi in discussione, per questo abbiamo deciso di non partecipare al pitch.

Il Presidente di RTL, Lorenzo Suraci, ha così replicato:

Intanto non si è trattato di una gara ma di una consultazione a cui hanno partecipato anche Forchets, Red Cell e Jwt. L’agenzia 1861 united era stata invitata perché avremmo voluto avere anche un suo contributo, ma ha scelto liberamente di non partecipare. Rozzi ci ha citato erroneamente, semmai gli infedeli sono loro.

Qui c’è qualcosa che non mi torna. Era una gara o una consultazione? Non sono la stessa cosa. E non avrebbe senso invitare l’agenzia uscente, che da anni lavora per te, a una consultazione.

Pino Rozzi cerca di proporre un tema di riflessione alto quando afferma:

I rapporti mordi e fuggi penalizzano il nostro settore. La scelta delle aziende di non creare una relazione stabile con l’agenzia creativa finisce con il frenare il lato imprenditoriale del nostro mestiere e impedisce che vengano fatti investimenti sulla struttura. Se prendi un cliente di medie dimensioni ti trovi nella condizione di dover assumere, ma come fai a strutturarti se le aziende ti fanno lavorare a progetto?

Questo mestiere sta realmente morendo per le ragioni schematizzate da Rozzi, non è più in grado di intercettare i migliori talenti.
Ma quello che manca drammaticamente a questo abbozzo di dibattito è la trasparenza. Nessuno parla espressamente né di soldi né di caratteristiche del contratto. Perché?

La giornalista Valeria Zonca, nel riportare la replica di Lorenzo Suraci, scrive anche:

Secondo quanto risulta a Today Pubblicità Italia alcune agenzie hanno scelto di non partecipare alla ‘consultazione’ di Rtl 102.5 a causa di un fee molto basso.

Ma Nicola Belli ci fa sapere attraverso You Mark che:

Non possiamo fare lavori sotto pagati perché dobbiamo rispondere a Omnicom. Ci sono criteri di remunerazione che impediscono di chiudere degli accordi che non rispecchino dei parametri che sono internazionali, non italiani.

Perché questa continua e diffusa mancanza di trasparenza? Perché non zittire qualunque rumor sul nascere dichiarando termini del contratto e compenso per l’agenzia?
Perché Valeria Zonca non può specificare quali agenzie hanno scelto di rinunciare alla gara?
Perché non viene detto chiaramente, da Valeria Zonca o dalle agenzie che “rumoreggiano”, quanto basso era il fee?
Che senso ha lanciare allusioni del genere senza approfondirle?
Perché non si avviano delle discussioni realmente aperte sull’argomento remunerazione d’agenzia? Cosa può spaventare più di quanto sta già capitando?
Perché deve essere un blog anonimo e controverso a darmi informazioni come questa?

Nel settore Pubblicità e Comunicazione Globale nel 2003 erano stimati 5734 addetti, nel 2008 gli addetti erano solo 3865 (potete verificare i dati sul sito di Assocomunicazione). Vi risparmio i conti: 1869 addetti in meno in 5 anni, ovvero una diminuzione del 32% (per addetti non si intendono solo i creativi, ma questi numeri danno un’idea dell’importanza del fenomeno). Per essere ancora più chiari, un pubblicitario su tre ha perso il posto di lavoro. E questo conteggio si ferma al 2008. Non prende in considerazione gli anni peggiori della crisi.

Io credo che questi numeri, sicuramente divenuti ancor più drammatici nel triennio “taciuto”, dovrebbero richiamare l’attenzione e il senso di responsabilità di chi ha cariche e un minimo di potere.
Non è necessario fare parte di Assocomunicazione per darsi delle regole e rispettarle.

Questo mio intervento non è né pro né contro qualcuno in particolare. È essenzialmente in difesa di un lavoro che necessita preparazione, cultura e responsabilità, perché viene visto da milioni di persone.
Non fare nulla di concreto per tenerlo a galla è una grave colpa. Fare qualcosa di concreto significa uscire dall’omertà. Quando spiegai le ragioni del mio no alla gara Red Bull, postai richieste e remunerazione proposta dall’azienda. Perché i capitani delle grandi ammiraglie dell’adv non possono fare altrettanto?

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